Il marchio di Hugo Chávez

L’istrionico presidente scompare e lascia un’eredità politica difficile da gestire. Molte le incognite che annunciano tempi di difficile equilibrio fra le forze politiche del Paese caraibico. Mentre i capi di Stato latinoamericani riconoscono i meriti di un presidente lungimirante
Morte di Chavez

Con la scomparsa del presidente comandante Hugo Chávez arriva al capolinea la rivoluzione socialista “bolivariana”, coniata da un leader carismatico erettosi a dominatore assoluto dello scenario venezuelano, e non solo. Sorto dalla costola militare, questo giovane tenente, arruolatosi da ragazzo per raggiungere il sogno delle grandi leghe del baseball americano, mutò in condottiero politico sui relitti dei governi conservatori inetti, privi di sensibilità sociale, che lo avevano preceduto. Immense masse di cittadini piangono ora il loro presidente, colui che li ha sollevati da scandalose condizioni di povertà in un Paese che esporta petrolio greggio e incassa milioni di dollari.

Lo stile carismatico di un condottiero vicino al suo popolo che parlava dei problemi reali, che divertiva intonando canzoni popolari in mezzo a fervorose aringhe da far invidia all’amico Fidel Castro per durata e retorica antimperialista, ha creato una corrente di simpatia popolare al limite della venerazione. Dotato di capacità comunicative eccezionali, si sentiva investito da una missione quasi messianica, a giudicare dalle frequenti allusioni al futuro di felicità che solo con lui al potere il popolo avrebbe potuto raggiungere. Nei 14 anni del suo governo, tutte le decisioni importanti sono state prese da lui in persona, magari nel bel mezzo di un programma televisivo o al fragore di una disputa verbale con l’opposizione. Le prime mosse degli inizi furono d’imbavagliare i mezzi di comunicazione, addomesticare l’apparato giudiziario, conquistare maggioranza parlamentare ossequente, così da trovare campo libero per una riforma della Costituzione ad hoc che gli ha spianato la strada per la rielezione in tre periodi successivi. Ancora in campagna elettorale nello scorso ottobre,provato dalla malattia, pregava Dio affinché gli concedesse più anni di vita per portare a compimento l’opera di trasformazione del Paese.

Ma se l'impegno sociale a favore di migliaia di famiglie che hanno avuto accesso a una casa popolare e di tanti giovani che hanno realizzato il sogno di una professione grazie ai diversi programmi sociali è degna di elogio, non lo è invece la forte polarizzazione che ha diviso in un modo aggressivo la maggioranza a suo favore con la parte anch’essa numerosa dei contrari. È che nel campo dei diritti civili, delle libertà e dell’equanime distribuzione dell’assistenza, il suo governo ha delle lacune notevoli, che il capo carismatico è riuscito facilmente mascherare. Sarà invece difficile per il suo successore, visto anche lo scarso successo nella lotta alla povertà strutturale, alla minacciosa violenza urbana, alla corruzione dilagante che i lunghi anni di regno di Chávez non hanno potuto abbattere. Di ciò si fa forte l’opposizione con il suo candidato, già sconfitto ad ottobre, Capriles, per tentare un sorpasso nelle elezioni che dovrà convocare il vicepresidente Nicolas Maduro, sorprendentemente autoproclamatosi “presidente incaricato” a poche ore dalla morte del suo capo, valendosi di una interpretazione arbitraria della Costituzione. Questa posizione, se dovesse reggere alle critiche e impugnazioni, gli darebbe il vantaggio di presentarsi come presidente uscente alle elezioni, e quindi ancora con la struttura dello Stato a sua disposizione, cosa che, in un regime di scarsa qualità democratica, gli darebbe dei vantaggi enormi. È lui il delfino designato da Hugo Chávez, l’erede degno di continuare l’opera del grande artefice della rivoluzione “del secolo XXI”.

L’operato di Chávez è stato ancora più incisivo nello scenario internazionale, dove ha saputo ispirare e condurre da abile timoniere la conformazione di un blocco omogeneo di Stati latinoamericani, coscienti della forza di una associazione strategica per potersi confrontare con lo strapotere degli Stati Uniti. A Cuba si preparano cerimonie commemorative fastose, così come in Nicaragua e in tutti i Paesi della regione Centro e Sudamericana e fino al Cile e al Brasile, i meno affini ideologicamente a Chávez, si riconosce il grande protagonismo trainante della figura del venezuelano e la forte influenza negli orientamenti politici dei governi di tutta l'area latinoamericana. Una dimostrazione di questa stima è offerta dal pellegrinaggio di tutti i presidenti di questi Paesi per rendere l’ultimo tributo al collega e amico.

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