Il crepuscolo politico di Berlusconi?

La stampa estera continua ad occuparsi della decadenza del Cavaliere. Tra titoli pungenti e analisi neutrali, i giornali stranieri sottolineano soprattutto la lunga permanenza politica, non usuale in altri Paesi, ma in tanti scommettono in nuovo asso nella manica
Wall street Journal

«Berlusconi mandato a spazzare le strade»: è forse quello del sito russo Utro.ru il titolo più irriverente tra i tanti apparsi sulla stampa internazionale in seguito alla decadenza da senatore del Cavaliere. Il quotidiano racconta come «nei giorni precedenti era circolata la voce che a salvare l’ex premier potesse essere il presidente Putin, che si sarebbe recato in Italia appositamente per discutere la nomina di Berlusconi come ambasciatore della Russia in Vaticano». E dire che noi pensavamo che fosse per incontrare il papa e il presidente del Consiglio. Non mancano poi le già note ipotesi di conferimento di un passaporto diplomatico, che gli consentisse di passare il resto dei suoi giorni «ad Antigua o alle Bermuda»; ad ogni modo, assicura l’articolista, il Cavaliere ha assicurato di voler rimanere fedele al suo Paese e dimostrare la sua innocenza in tribunale.

Altro titolo discretamente pungente è quello del belga Le soir, «Il crepuscolo politico di Silvio Berlusconi». Il quotidiano cita con dovizia tutte le dichiarazioni degli ultimi giorni, dagli attacchi a Napolitano a quelli contro i «giudici rossi, di estrema sinistra». Tuttavia, «il Senato gli ha tenuto testa, e senza sorpresa ne ha votato la decadenza mettendo fine ai suoi vent’anni di mandato parlamentare ininterrotto». Un’anomalia forse tutta italiana – quella di politici sulla breccia così a lungo – su cui torna anche il New York Times, che titola infatti «Berlusconi espulso dal Senato dopo due decenni al governo»: «Dopo mesi passati a tessere ritardi procedurali ed inscenare melodrammi politici nella speranza di salvarsi – scrive Jim Yardley – Berlusconi non ha più potuto evitare l’inevitabile: il Senato italiano gli ha strappato il suo seggio parlamentare, un’espulsione drammatica e umiliante così come gli altri guai che lo aspettano». L’articolista passa infatti poi a ricordare la lunga lista di processi a suo carico: «La sua rimozione dal Senato significa che si ritrova senza una carica per la prima volta in vent’anni, e quindi senza la speciale immunità conferita ai legislatori: ed ora è molto più vulnerabile di quando, come primo ministro, appariva intoccabile di fronte agli scandali di sesso e corruzione». I supporter di Berlusconi, comunque, si tranquillizzino: oggi è il giorno del Ringraziamento e l’articolo non è più in home page, scalzato da ricette di tacchino al forno e torta alla zucca e noci.

Stranamente neutro El Paìs, che titola semplicemente «il Senato italiano approva l’espulsione di Silvio Berlusconi»; salvo ritrovare l’usuale verve in alcuni passaggi dell’articolo di Pablo Ordaz, che ricorda come «Al di là delle sceneggiate e delle bravate, l’espulsione di Silvio Berlusconi dopo vent’anni di mandato non è avvenuta per un’oscura confabulazione delle forze del male, né perché gli sia mancato l’appoggio degli elettori. Semplicemente, il leader del centrodestra è stato espulso per l’applicazione di una legge». Così il 27 novembre verrà ricordato come «il giorno in cui la politica italiana, così abituata a proteggere sé stessa, ha deciso di fare il grande passo e disfarsi, legge alla mano, dell’uomo che l’ha avvelenata negli ultimi vent’anni».

A mantenere la notizia in apertura, comunque, è soltanto il Wall Street Journal, che titola «Berlusconi perde il suo seggio in Senato». Dopo un dettagliato e vivido resoconto delle vicende politiche e giudiziarie che lo hanno coinvolto, il quotidiano ricorda comunque che «per quanto abbia recentemente incassato una serie di brutti colpi, pochi lo considerano fuori dai giochi: […] alcuni credono che il comizio di mercoledì sia il tentativo di usare la sua espulsione per dar fuoco alle polveri nella campagna elettorale in vista delle elezioni europee la prossima primavera». Insomma, «il divieto di accedere a cariche pubbliche lo priva della possibilità di partecipare alla corsa, dove con le sue doti propagandistiche ha sempre goduto di un forte vantaggio; ma rimarrà il leader di Forza Italia, e muove ancora buona parte dell’opinione pubblica».

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