Il calcio è cambiato. I Moratti lasciano l’Inter

Un passaggio d’epoca e un pezzo di storia d’Italia, quando i presidenti erano i primi tifosi di una squadra
inter

La famiglia Moratti lascia l’Inter e la notizia, in un momento di profonda crisi strutturale su più fronti del calcio italiano, assume i connotati di un terremoto sportivo. In un comunicato stampa, l’Internazionale Holding ha confermato nella serata del 23 Ottobre la rinuncia di Massimo Moratti alla carica di presidente onorario. Con lui, si dimettono dal consiglio di amministrazione anche il figlio Angelo Mario, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto. E’ la fine di una storia lunga quasi una vita: negli ultimi 19 anni, 8 mesi e 5 giorni di storia della società sportiva milanese, Moratti non è stato solo un presidente, benché dall’arrivo dello scorso anno del magnate indonesiano Thohir detenesse circa il 30 per cento delle quote. Moratti è stato senza ombra di dubbio il primo tifoso, innamorato alla follia della creatura adottata e cresciuta a partire dal Febbraio 1995: come ogni innamorato, pronto a spendere e spandere senza ritegno per la sua bella, ad agire d’impulso, spesso troppo, a ricevere encomi o ritrovarsi criticato per la sua costosissima passione a tratti ingenua. Un amore antico, ereditato direttamente dall’altrettanto ardente passione del padre Angelo, presidente tra il 1955 ed il 1968 di quella che passò alla storia come la Grande Inter, vincendo nel ’64 e nel ’65 Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale.

Per il figlio Massimo, 19 anni di salatissime scommesse su allenatori e giocatori, molte clamorosamente perse foraggiando la spietata ironia dei tifosi avversari, altre vinte agli occhi strabiliati del mondo sportivo: su tutte il leggendario “Triplete” 2010 quando, con Josè Muorinho alla guida, l’Inter dei campionissimi Eto’o, Snejder, Milito, e del capitano Zanetti s’impose vincendo Serie A, la Coppa Italia e la Champions League. Unico in grado di eguagliare il padre, vincendo nello stesso anno anche il Mondiale per Club, per Massimo Moratti risulta indimenticabile il passaggio in maglia nerazzurra, nel ‘97, del ventunenne brasiliano Luis Nazario da Lima, più semplicemente quel Ronaldo ribattezzato “Il Fenomeno”: quando l’Avvocato Giovanni Agnelli, presidente della Juventus, disse che non avrebbe mai speso 51 miliardi delle vecchie lire per quel giovanotto, Moratti rispose per l’appunto che «Ronaldo era la sua scommessa».

Tra veleni e polemiche, in quell’anno proprio la straripante corsa di Ronaldo si arrestò, nonostante un’Inter ancora modesta tecnicamente, solo di fronte ad alcuni gravi errori arbitrali contro la fortissima Juventus di Zidane e Del Piero, laureatasi campione d’Italia. Il brasiliano avrebbe però portato la Coppa UEFA e 25 reti, impreziosite da giocate che, secondo molti, ne fanno un giocatore mai eguagliato qualitativamente nella storia del calcio. L’amarezza per gli scudetti accarezzati nel suddetto ‘98 e nel 2002, quando l’Inter riuscì a perdere clamorosamente nell’ultima giornata contro la Lazio il primato ed il titolo, sarà poi ripagata dallo scudetto “di cartone” seguito al processo di Calciopoli che ne revocò due alla Juventus, e da un filotto di altri 4 titoli italiani.

«Rispetto la decisione. Gli ho parlato, l’ho incontrato. Il rapporto tra le due famiglie non cambierà» ha affermato Thohir. Nel merito, pare non abbia influito la sgarbata risposta del tecnico Mazzarri, “non ho tempo di pensare a ciò che ha detto Moratti” al quale l’ex presidente aveva fatto notare che “se i risultati non arrivano, sono guai per qualsiasi tecnico”. Al di là dei miserevoli 9 punti in 7 gare rimediati dalla pallida Inter di Mazzarri, lo scorso anno non riuscito oltre un anonimo quinto posto, la ragione di Moratti appare legata ai risvolti dell’ultimo CDA dello scorso Lunedì 20 Ottobre, quando il nuovo CEO nerazzurro, Michael Bolingbroke, di fronte ai giornalisti avrebbe addossato le responsabilità del passivo di circa 100 milioni di euro della società alla gestione della scorsa stagione. Parole troppo pesanti per l’innamorato Moratti il quale ha maturato la decisione di lasciare la squadra riportata sul tetto del mondo, ove solo un altro primo tifoso innamorato, il padre Angelo, era riuscito.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons