Idolatria del denaro e azzardo in Argentina

Una casa da gioco ogni 570 abitanti. Il fenomeno inquietante nel grande Paese latino americano riproduce il meccanismo delle collusioni politiche, l’ipocrisia della legislazione e la diffusione di una cultura contro il lavoro a favore del casinò finanziario dove vincono sempre i più ricchi
Casinò argentina

Un casa da gioco ogni 570 abitanti. Le slot machine non si trovano anche nei bar, ma un bingo o un casinò appare ovunque. L’ambiguità della pubblicità che associa le varie lotterie ai programmi di promozione sociale. I premi per dire “ciao” al lavoro, mentre il Paese ha bisogno di scommettere su una maggiore produttività. 

Succede lo stesso quando uno compra le sigarette- “Il fumo danneggia la salute”, si legge sul pacchetto. In alcuni Paesi latinoamericani l’avviso è ancora più drammatico: “Il fumo uccide”. Gli avvisi in
merito all’azzardopatia  abbondano, sia all’entrata dei bingo o dei casinò, o nella loro prossimità. Appare anche in qualche spot pubblicitario alla fine, spiaccicato nei pochi secondi che per evitare una responsabilità contrattuale si riassumono in modo indecifrabile alcuni avvisi, come nella pubblicità di medicinali, si ode alla fine un riferimento ai pericoli del gioco di azzardo patologico. Il discorso diventa però
ambiguo e incoerente quando in Argentina tali spot sono emessi dalle varie agenzie pubbliche del gioco d’azzardo, nazionali o provinciali (ricordo che questo Paese è uno Stato federale) ricordando che il gioco
è un modo di finanziare ospedali o altre politiche sociali. Più giochi e più solidarietà abbiamo, è il messaggio ingannevole. Uno di questi spot televisivi era addirittura seduttore: “Tu vinci, tutti vinciamo”
alla consegna di ogni premio. Come dire, resta tutto tra noi: un po’ allo Stato che spende per te, e poi nelle mani del vincitore, che in fin dei conti è uno di voi cittadini.

Un documento della Conferenza Episcopale Argentina nel 2010, riferendosi alla questione ricordò alle autorità pubbliche “che il fine non giustifica i mezzi”. In altri casi, la pubblicità è però più inquietante, con premi cospicui che mettono in risalto il potere del denaro. Forse il più emblematico è quello legato alla lotteria del Kino, in Cile, denominato: “ciao Capo!”. Una somma (tra l’altro ereditabile) pari a circa
1.300 euro mensili, che viene corrisposta durante dieci anni. Come dire: con questo premio, ti saluto lavoro e me ne resto a casa! Ma anche in Argentina non si scherza, la spiritosa pubblicità di una lotteria
simile, anni or sono utilizzava un aulico linguaggio poetico per concludere che “se vinci, smetterai di lavorare”. Il trionfo del culto al denaro sulla cultura del lavoro potenziato è moltiplicato dal
proprio apparato statale che poi dedica il 6 per cento del bilancio pubblico per sostenere le politiche in materia di educazione, cercando di trasmettere alle giovani generazioni l’importanza dello sforzo nello studio e nel lavoro. Più incoerenti di così, si muore!
I dati ufficiali dicono che le 23 provincie argentine, più la città autonoma di Buenos Aires, vedono la presenza di oltre  70 mila tra case da gioco e casinò. Per accaparrarsi i consistenti proventi del gioco non si esita a utilizzare il legalismo di convenienza: siccome il Governo nazionale ha giurisdizione solo su territorio federale, per non far ricadere sotto l’egida del Governo della capitale, di opposto segno politico, si è ricorso
all’escamotage di attraccare al molo un vecchio ferryboat trasformato in casinò. Le acque territoriali non sono sotto la giurisdizione della capitale ed i proventi restano in mano allo Stato federale. Marameo!

Per gli argentini c’è una casa da gioco ogni 570 abitanti circa. La proporzione triplica quella cilena, dove ci sono case da gioco ogni mille e 500 abitanti circa. Tanta proliferazione ha spesso degli agganci poco
trasparenti. La frequenza con la quale le stesse figure imprenditoriali si aggiudicano le licenze per il gioco d’azzardo induce  sospetti sulle  collusioni tra il mondo dei bingo e la politica, sempre bisognosa di
finanziamenti senza tanti scrupoli. Il che spiegherebbe il duplicarsi del volume d’affari di questo settore nella capitale argentina ed il suo triplicarsi nella omonima provincia. I due distretti amministrativi
accumulano circa 18 milioni di abitanti, cioè quasi la metà del Paese.
Ma che sia necessario un cambio culturale, lo dicono anche i tempi difficili che si avvicinano, particolarmente in Argentina, che dopo anni di crescita a tassi molto alti, oggi vede in pericolo gli obiettivi
raggiunti dalla recessione che pare inevitabile e dall’alta inflazione, che non scende al di sotto del 30 per cento. Invitare a sognare nel colpo di fortuna, significa continuare a far leva sulla possibilità di
pochissimi, mentre la comunità intera ha bisogno dello sforzo di tutti.
Dei lavoratori di un Paese che ha bisogno di migliorare la sua produttività, se vuole essere competitivo, di coloro che ancora credono che le tasse siano un “optional” e dei possessori di 400 miliardi di
dollari, prodotti nel Paese, ma depositati all’estero nei conti dei paradisi fiscali e, ancor più paradossalmente, investiti in titoli dei Paesi ricchi. Fenomeno argentino? Niente affatto! Sono, infatti, circa duemila i miliardi di dollari prodotti in America latina che finiscono in depositi e titoli delle banche dei Paesi sviluppati.
 

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