I mille volti olimpici

Non solo Phelps e Bolt. A Londra gareggeranno tanti atleti meno conosciuti per cui vale ancora oggi il motto del barone de Coubertin
Nur Suryani Mohd Taibi

In questi giorni di “vigilia”, da Londra giungono notizie poco rassicuranti: i timori per il rischio attentati; il caos per l’ingolfamento del traffico; lo sciopero degli addetti ai controlli dei passaporti che rischia di rallentare fortemente le operazioni di sbarco all’aeroporto di Heathrow; il problema maltempo che potrebbe condizionare alcune competizioni (in caso di rinvio delle gare all’aperto i costosi biglietti non saranno rimborsati!). Tutto vero, ma a ben guardare i reali protagonisti dei Giochi olimpici restano comunque gli atleti, con le loro storie, una diversa dall’altra, le loro imprese e le loro emozioni. È soprattutto grazie a ciascuno di loro che questo evento sopravvive alle tante “offese” che lo sport moderno deve subire, prima tra tutte quella di un doping ancora ben lontano dall’essere sconfitto.

Per gli sportivi che praticano discipline facenti parti del programma olimpico, infatti, i cinque cerchi conservano un fascino davvero ineguagliabile. Per tutti loro. Per atleti già affermati come i fenomeni Michael Phelps e Usain Bolt, le stelle più celebrate degli ultimi Giochi, quelli di Pechino del 2008; per chi sogna di diventare un grande campione, come il diciottenne tuffatore Tom Daley, uno degli idoli di casa; ma anche per quelli per cui il “solo” partecipare rappresenta già un immenso traguardo personale, in altre parole per la maggioranza dei quasi 11 mila atleti che vedremo in gara nei prossimi giorni.

Alle Olimpiadi con il pancione Nur Suryani Mohd Taibi è una tiratrice a segno malese di quasi trent’anni. Durante i Giochi asiatici dello scorso gennaio questa ragazza ha guadagnato una “carta olimpica” per il proprio Paese e, con essa, la quasi certezza di competere a Londra (in realtà la scelta finale su chi inviare alle Olimpiadi spetta comunque al comitato olimpico malese). Nur ha iniziato a praticare questo sport all’età di quattordici anni, e alla fine il suo sogno si è finalmente concretizzato: poter partecipare aiGiochi a cinque cerchi, prima tiratrice della storia per il suo Paese. Un grande onore, un’opportunità assolutamente da non perdere.

Proprio in quei giorni Nur ha però capito di essere incinta. Si è fatta subito due conti, ed ha scoperto che il parto dovrebbe avvenire i primi giorni di settembre, mentre la sua gara a Londra è in programma quando l’atleta malese sarà nella trentaquattresima settimana di gravidanza: che fare? Con il permesso dei medici, e con il sostegno del marito, lei ha deciso di continuare gli allenamenti nella speranza di essere convocata per i Giochi. Certo, per ovvi motivi ha subito dovuto rinunciare a una delle due gare cui avrebbe potuto partecipare (nella carabina tre posizioni si spara a pancia in giù …), ma con tutta probabilità la vedremo impegnata sabato 28 luglio, nella prima giornata ufficiale di gare, nella prova della carabina da 10 metri. E non gareggerà da sola …

Quando lo sport unisce Dana Hussain Abdul Razzaq è un’atleta irachena di ventisei anni. Il suo sport è l’atletica leggera, le sue specialità le prove veloci (60, 100 e 200 metri). Dana è cresciuta in una famiglia di sportivi. Il papà, in particolare, è stato un ex ciclista che da giovane l’ha sempre incoraggiata a fare dello sport, nonostante a quei tempi fare attività sportiva in Iraq non fosse proprio la cosa più semplice del mondo. Nel 2002, quando Dana aveva sedici anni, il presidente del comitato olimpico locale era infatti uno dei “terribili” figli di Saddam Hussein, Uday, e gli atleti spesso convivevano con il timore di essere puniti in caso di «prestazioni ritenute non all’altezza».

Poi è arrivata la guerra. Dana ha dovuto sospendere gli allenamenti, ma quando nella primavera del 2003 gli americani invasero Baghdad ponendo fine alla dittatura del regime iracheno questa ragazza ha deciso di provare a fare sul serio con lo sport. Nel frattempo, però, non è che a Baghdad le cose fossero molto migliorate, soprattutto per il perdurare della difficile convivenza tra sunniti (i seguaci della corrente di maggioranza dell’Islam) e sciiti (la minoranza, staccatasi dal gruppo dei sunniti alla morte di Maometto). Ma lei non ha mollato, anzi ha trovato un allenatore sunnita (lei è sciita) ed ha ripreso a fare atletica con una convinzione nel cuore: «Solo lo sport può unire il popolo iracheno». Tanti sforzi alla fine sono stati premiati, e Dana sarà in gara a Londra (le batterie dei 100 metri femminili sono in programma la mattina di venerdì 3 agosto). 

Anche per Nur e Dana questi sono giorni di “vigilia”. Magari in queste Olimpiadi non vinceranno una medaglia come Phelps o Bolt, ma per loro varrà certamente, oggi più che mai, la famosa frase pronunciata dall’ideatore dei Giochi olimpici moderni, il barone de Coubertin, che proprio a Londra, nel 1908, durante un pranzo ufficiale offerto dal governo britannico ricordò che «l’importante di queste gare non è tanto vincere, quanto parteciparvi». Proprio così: per Nur e Dana, comunque vada, partecipare a quest’Olimpiade sarà già un successo.

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