Grande Algeria!

Venerdì 19 luglio si disputa al Cairo la finale della Coppa d’Africa per nazioni. Le finaliste 2019 sono il Senegal e l’Algeria, ma la coppa più importante gli algerini la stanno già conquistando, è la “la coppa della giustizia e della libertà”. Chiedono uno Stato civile e non militare.

 

Venerdì 19 luglio si disputa al Cairo la finale della Coppa d’Africa per nazioni, il grande torneo continentale che si svolge ogni due anni dal 1957. Le finaliste 2019 sono il Senegal e l’Algeria. Le “volpi del deserto” algerine si sono aggiudicate il torneo continentale una sola volta nel 1990, quasi 30 anni fa. I senegalesi sono arrivati al massimo secondi nel 2002, quando furono battuti ai rigori dal Camerun. Per il Senegal sarebbe quindi la prima volta, se vincesse. E per l’Algeria, in questo momento, una vittoria sarebbe un grande segno di speranza per il Paese.

Perché la coppa più importante gli algerini la stanno già conquistando, anche se la gara è ancora in corso: da febbraio scorso stanno infatti giocando una partita molto più difficile di quella calcistica, e finora se la stanno cavando egregiamente. Quella a cui puntano è prima di tutto “la coppa della giustizia e della libertà”. Dal 22 febbraio, quindi da più di 21 settimane, ogni venerdì centinaia di migliaia di manifestanti scendono nelle strade e nelle piazze delle città algerine. Quasi 5 mesi di proteste pacifiche, che non si sono fermate neppure durante il mese di Ramadan, nonostante il digiuno. Ci sono state rivendicazioni accese, cariche di polizia, lacrimogeni e numerosi arresti, ma finora nessuna grave violenza.

Tutto è cominciato in febbraio con la quinta candidatura consecutiva alla presidenza della repubblica di Abdelaziz Bouteflika, l’82 enne capo del Fln, il partito ininterrottamente al governo dal 1999. Bouteflika, colpito da un infarto nel 2013, era praticamente invisibile da 6 anni. Ricandidarlo significava palesemente mantenere lo status quo, contando sulla paura della gente di un ritorno agli anni ’90, con i 150 mila morti della guerra civile. Ha scritto Roula Khalaf, vicedirettrice del Financial Times, a questo proposito: «C’è sempre un momento in cui l’insulto diventa troppo umiliante, anche per quelli che si sono abituati al dolore. Gli algerini hanno raggiunto quel momento».

Da febbraio, gli algerini chiedono un cambiamento radicale del regime politico, una giustizia indipendente dal potere e dalla corruzione, rivendicano il rispetto della sovranità del popolo sancita dalla Costituzione e chiedono «uno Stato civile e non militare». Uno slogan, quest’ultimo, decisamente non apprezzato dal capo dell’esercito, il generale Ahmed Gaid Salah. Ma l’esercito per ora non è intervenuto e Salah dichiara di voler lasciare spazio al processo democratico e in particolare alla proposta del capo dello Stato ad interim (con autoprolungamento dell’interim) Abdelkader Bensalah, che ha avanzato l’idea di convocare un consiglio costituito da “personalità indipendenti” che cerchino una soluzione e preparino il terreno per le prossime elezioni presidenziali.

La maggior parte dell’hirak, il movimento dei manifestanti, non è contraria al dialogo né all’elezione presidenziale, a condizione che la vecchia nomenclatura resti fuori da qualsiasi incarico futuro, compresi Bensalah e l’attuale primo ministro Bedoui.

Nel frattempo l’Fln, dopo aver acconsentito al ritiro della candidatura di Bouteflika (2 aprile), ha anche appoggiato (10 luglio) l’elezione a grande maggioranza di un nuovo presidente dell’Assemblea nazionale: si tratta di Slimane Chenine, deputato del movimento El Bina, esponente del raggruppamento islamista moderato El Adala-Ennahda-El Bina. È la prima volta dopo 20 anni che un deputato dell’opposizione assume la presidenza del Parlamento.

Mentre l’esercito sta a guardare, una buona parte della magistratura sta invece appoggiando l’hirak dei manifestanti: da febbraio sono stati arrestati almeno 23 tra ex esponenti del precedente governo, uomini d’affari e faccendieri (alcuni pizzicati al confine con borse piene di denaro): tutti ex mammasantissima di primo piano, accusati a vario titolo di corruzione e appropriazioni indebite.

Naturalmente la situazione è appesa ad un filo, e tanti sperano che non vengano fuori all’ultimo momento poteri occulti interni o esterni che si auto-assumano l’incarico di “salvare” il Paese da se stesso.

Grande Algeria! Auguri fortissimi per entrambe le partite in gioco: per la finale della Coppa d’Africa e, soprattutto, per il nuovo assetto del Paese.

 

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