Con un duro atto di accusa pubblicato su X, il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha preannunciato l’irrogazione di sanzioni contro Francesca Albanese perché «si è impegnata direttamente con la Corte penale internazionale (CPI) negli sforzi per indagare, arrestare, detenere o perseguire cittadini degli Stati Uniti o di Israele, senza il consenso di questi due Paesi». Come sottolinea Rubio, «né gli Stati Uniti né Israele sono parte dello Statuto di Roma, rendendo questa azione una grave violazione della sovranità di entrambi i Paesi».
La Albanese, inoltre, afferma il segretario di stato Usa «ha recentemente intensificato questo sforzo scrivendo lettere minacciose a dozzine di entità in tutto il mondo, tra cui le principali aziende americane nei settori della finanza, della tecnologia, della difesa, dell’energia e dell’ospitalità, facendo accuse estreme e infondate e raccomandando alla CPI di perseguire indagini e procedimenti giudiziarie di queste società e dei loro dirigenti». In maniera molto netta il ministro degli Esteri di Trump ha precisato che «Non tollereremo queste campagne di guerra politica ed economica, che minacciano i nostri interessi e la nostra sovranità nazionale. Albanese ha vomitato antisemitismo, espresso sostegno al terrorismo e aperto disprezzo per gli Stati Uniti, Israele e l’Occidente. Questo pregiudizio è stato evidente nel corso della sua carriera».
Sono accuse pesantissime ma inevitabili, come previsto su cittanuova,it, dopo l’ultima relazione scritta dalla giurista italiana, dal 2022 relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi, che chiama in causa oltre 60 società coinvolte nella filiera delle pratiche di oppressione esercitate dal governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu che è stato accolto, nelle stesse ore delle accuse di Rubio, con tutti gli onori alla Casa Bianca.
Allo stesso tempo non danno tregua le notizie tragiche che arrivano dalla Striscia di Gaza sulla folla dei palestinesi colpiti a morte mentre si trovano in attesa per ricevere aiuto alimentare da parte di un’organizzazione israelo statunitense che ha sostituito con la forza l’agenzia dell’ONU (Unrwa) che dal 1948 presta aiuto ai profughi palestinesi.
Domenica 13 luglio l’esercito israeliano (Idf) ha riconosciuto l’errore tecnico nel funzionamento di alcuni droni che hanno ucciso 10 persone in fila per la distribuzione dell’acqua nel campo profughi di Nuseirat. L’Idf si è rammaricato per gli effetti letali involontari causati a “persone non combattenti” tra i quali 6 bambini.

Manifestazioni contro il governo Netanyahu a Gerusalemme EPA/ABIR SULTAN
La situazione appare fuori controllo e chiama in gioco la responsabilità di tutte le autorità internazionali in grado di fermare il massacro in corso assieme a soprusi senza fine come l’attacco che si sta consumando in questi giorni in Cisgiordania da parte dei coloni suprematisti ebrei, sostenuti dall’ Idf, contro il villaggio di Taybeh abitato interamente da cristiani di diverse confessioni. I tre parroci delle chiese, latina, greco-ortodossa e melchita hanno fatto un comunicato per chiedere la protezione della comunità internazionale.

Prima pagina Osservatore Romano dell’11 luglio 2025
Come riporta Roberto Cetera su Vatican News, «l’attivismo terroristico dei coloni nelle ultime settimane ha colpito, insieme a Taibeh, diversi villaggi palestinesi limitrofi ai loro insediamenti illegali, come Ein Samia e Kufer Malik, dove hanno incendiato case, auto e prodotti agricoli, e a fine giugno quattro giovani palestinesi che cercavano di resistere alle violenze sono stati barbaramente uccisi». L’acqua che manca a Gaza, è oggetto della guerra di conquista in Cisgiordania, Come riporta Cetera, «ad Ein Samia, lungo la valle del Giordano, i coloni hanno invece attaccato distruggendo l’acquedotto, la sorgente d’acqua che, attraverso un sistema di canali realizzato in epoca romana, ancora oggi rifornisce d’acqua centinaia di migliaia di abitanti palestinesi, fino a Ramallah».
Sono solo alcuni esempi di ciò che Francesca Albanese ha documentato nei suoi rapporti ufficiali resistendo a pressioni di ogni genere ricevendo il sostegno di molte associazioni a partire da Amnesty International che ha prontamente risposto alle accuse dell’amministrazione Usa con un durissimo comunicato firmato dalla segretaria generale Agnes Callamand: «Questo è un vergognoso e trasparente attacco ai principi fondamentali della giustizia internazionale. I relatori e le relatrici speciali non sono nominati per piacere ai governi o per avere popolarità ma per svolgere il loro mandato».
Come ha precisato Callamand, «quello di Francesca Albanese è di promuovere i diritti umani e il diritto internazionale, un’azione essenziale in un momento in cui è in gioco la stessa sopravvivenza delle persone palestinesi nella Striscia di Gaza occupata».
E l’Italia cosa sta facendo per difendere l’operato indipendente di una sua cittadina a servizio dell’Onu? A livello di società civile si registrano iniziative di sostegno pubblico a Francesca Albanese chiedendo di affrontare la questione del coinvolgimento delle società italiane nella strategia in atto del governo israeliano.
L’ex ambasciatore Enrico Calamai, protagonista della famosa operazione di salvataggio di migliaia di perseguitati cileni durante il regime di Pinochet, ha lanciato una petizione on line che ha raccolto migliaia di adesioni. Altre petizioni sono state promosse per assegnare il Nobel per la pace a Francesca Albanese.
Ma c’è anche chi chiede una presa di posizione ufficiale delle nostre istituzioni, così come ha fatto il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, sottoscrivendo, assieme a due ex presidenti della Camera ( Bertinotti e Fico) e altri firmatari, una lettera aperta al ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Antonio Tajani con Marco Rubio a Villa Madama in Roma., 17 maggio 2025. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Accuse contro Francesca Albanese sono riportate anche da alcuni media italiani, come ad esempio l’ex direttore di Repubblica Maurizio Molinari e Pierluigi Battista,, attingendo alle dichiarazioni di UN Watch, ong con sede a Ginevra che si è data la missione di controllare la correttezza dell’operato delle Nazioni Unite. Sul finanziamento di tale organizzazione esiste, a sua volta, un’inchiesta dettagliata della trasmissione televisiva Report.
Proviene da un thik tank pro Israele, Canadian Institute for Jewish Research, il direttore di UN Watch l’avvocato canadese Hillel Neuer che ha chiesto alla presidente del Consiglio Meloni di disconoscere e condannare l’operato della Albanese accusata di essere «una cittadina italiana con posizioni estremiste e antisemite, che nega l’olocausto, sostiene il terrorismo e incita alla violenza contro gli ebrei».
La difesa o meno della relatrice speciale dell’Onu assume oggi un valore emblematico perché la pesante accusa degli Usa contro Francesca Albanese che denuncia le complicità di un crimine definito genocidario avviene nella ricorrenza del trentennale di Srebrenica, la mattanza di oltre 8 mila bosniaci musulmani che ha segnato, nel 1995, la crisi di credibilità dell’Onu ( per la rinuncia dei caschi blu olandesi ad opporsi all’aggressore) e l’incapacità dell’Europa di impedire un vero e proprio genocidio tuttora non riconosciuto dalla Repubblica di Serbia in un contesto balcanico che resta pericolosamente instabile.