I Giusti oggi come ieri

Di fronte a guerre mondiali, dittature e genocidi, fare memoria del bene. In occasione della Giornata dei Giusti dell'umanità, proponiamo l'articolo pubblicato sul n. 1/2019 di Città Nuova

Scorrendo le pagine del romanzo di Mark Twain, Le avventure di Huckleberry Finn, ci si imbatte in un episodio interessante. Il giovane protagonista Huck incontra, sul fiume Mississippi, Jim, uno schiavo nero che tenta di scappare dai suoi padroni. Secondo le leggi dell’epoca è proibito prestare aiuto a uno schiavo in fuga. Huck, dopo un tormentato dialogo con la propria coscienza, decide di violare la legge e dare una mano a Jim. Questa vicenda ci porta a riflettere sul ruolo della coscienza morale, sulle sue relazioni con la verità, con la legge, con l’autorità. Huck sente dentro di sé un angosciante contrasto tra legge e coscienza. Esiste una presenza interiore nell’uomo, un significato della propria esistenza, che domanda spazio e che influisce quando si deve scegliere. Questa presenza è la conscientia (cum scientia), un sapere che scaturisce dal confronto che il soggetto compie prima di prendere una decisione. È come se la persona, prima di decidere moralmente, raccogliesse tutte le informazioni possibili, cercasse di immedesimarsi nella situazione, invocasse i principi vitali che animano e guidano la sua esistenza.

In ogni momento storico ci sono state persone che si sono trovate a scegliere quale strada percorrere, come rispondere ai dubbi della propria coscienza. Il card. Newman, in una lettera al duca di Norfolk, scriveva come coniugare l’interiorità con la verità che viene da Dio. Senza imporre dal di fuori, ma portando a compimento quanto è già dentro l’individuo, aiutandolo ad aprirsi alla verità, contro le pressioni del conformismo sociale e culturale. Il problema sorge quando l’autorità esterna rimane in silenzio, come è accaduto nell’età dei totalitarismi per tanti poteri morali, religiosi e culturali.

Il dilemma del giovane Huck si ripresenta costantemente. Di fronte al richiamo della coscienza, nel corso della storia recente, nel ’900 delle guerre mondiali, delle dittature e dei genocidi, dei Gulag e della Shoah, molte persone hanno preferito non vedere e non sentire, hanno scelto di voltarsi dall’altra parte. Complicità e indifferenza hanno così alimentato le guerre e le brutalità.

È doveroso, come ha chiesto a gran voce Primo Levi in Se questo è un uomo, fare memoria del male affinché questo non si ripeta più. È però altrettanto doveroso fare memoria del bene, riproponendo le scelte di quanti, di fronte al male, si sono alzati in piedi e hanno ad alta voce manifestato il proprio desiderio di pace e giustizia, anteponendo il primato della coscienza perfino alla propria sopravvivenza. Queste persone hanno trasmesso il fiore rosso della testimonianza. A titolo di esempio possiamo ricordare il contadino austriaco Franz Jagerstatter, che si rifiutò di vestire la divisa dell’esercito tedesco al seguito di Hitler, come pure il giovane bolzanino Josef Mayr Nusser, o i ragazzi della Rosa Bianca che a Monaco di Baviera osarono sfidare il nazismo con la forza della parola diffondendo dei volantini, o Marianella Garcia Villas che si oppose alla brutalità della dittatura militare in El Salvador con la forza del diritto. E poi Etty Hillesum, Edith Stein, Dietrich Bonhoeffer, Pavel Florenskij, Jerzy Popieluszko, Odoardo Focherini, Teresio Olivelli, Oscar Romero, M.L. King, M.K. Gandhi. Fare memoria del bene è ricordare queste figure luminose, questi Giusti che negli anni delle guerre e dei totalitarismi, degli squadroni della morte e delle camere di tortura, hanno difeso la dignità umana dimostrando che un’altra strada è possibile: alla logica delle armi e della distruzione si può sostituire quella del confronto, del dialogo, della tolleranza, della comprensione, della solidarietà, della nonviolenza.

Il giudice Moshe Bejski, creatore del Giardino dei Giusti a Gerusalemme e sopravvissuto alla Shoah in quanto finito casualmente nella lista di Oscar Schindler, ha osservato: «Mi sono reso conto che non riusciremo mai a debellare dalla storia il male che gli uomini commettono nei confronti degli altri uomini. Il male politico ha troppa fantasia e riappare in forme sempre nuove. Forse però un sollievo c’è: possiamo contare sull’opera degli uomini giusti, che in ogni epoca hanno il coraggio di affrontare il male e che ogni volta salvano il mondo. Questi uomini ci hanno dimostrato che un male assoluto non vince mai del tutto. Le loro luci smentiscono che il male possa uscire trionfante nella storia». All’obiezione che i Giusti sono sempre una rarità, Bejski risponde che l’unica strada è «spiegare il loro segreto e i loro valori alle nuove generazioni».

Fare memoria del bene è ricordare queste persone, questi Giusti, che ci indicano che ognuno può ergersi contro il male in modo inaspettato e trovare in sé la forza interiore per scalfirlo. Non siamo di fronte a uomini santi o supereroi, ma a esseri imperfetti come lo siamo tutti. Proprio per questo possiamo considerare i Giusti come amici che ci insegnano a vivere la nostra quotidianità secondo la stella polare dell’etica della responsabilità.

 

Per saperne di più

Anselmo Palini, Testimoni della coscienza. Da Socrate ai nostri giorni, Ave 2010

Anselmo Palini, Voci di pace e di libertà. Nel secolo delle guerre e dei genocidi, Ave 2007

Anselmo Palini, Più forti delle armi. Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein, Jerzy Popieluszko, Ave 2017

Gabriele Nissim, Il bene possibile, Utet 2017

Gabriele Nissim, La bontà insensata, Mondadori 2011

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