Giovani e donne, potenzialità da riconoscere

L'economista suor Alessandra Smerilli, grazie anche alle testimonianze raccontate, ha evidenziato il loro specifico apporto allo sviluppo dell'impresa.
alessandra smerilli

«Mi avevano chiesto di spiegare perché i giovani e le donne sono una risorsa per l’economia. Ma dopo le testimonianze che abbiamo sentito, credo sia inutile». L’esordio dell’economista suor Alessandra Smerilli non ha sorpreso il pubblico dell’ultima mattinata di Loppiano Lab, perché chi l’aveva preceduta già aveva risposto a questa domanda con la propria vita. In un Paese in cui – ha ricordato la salesiana – queste due categorie rappresentano il 60 per cento della popolazione, ma le donne sono rappresentate per il 18 per cento in un Parlamento dove l’età media supera i 50 anni, mentre l’88 per cento dei giovani ha un lavoro precario e l’occupazione femminile è ferma al 47 per cento contro una media europea del 60, gli oratori che si sono succeduti sul palco hanno proposto la declinazione pratica di quelle qualità proprie dell’universo giovanile e femminile che suor Alessandra ha indicato come preziose per lo sviluppo economico.

 

In primo luogo la disponibilità a formarsi e ad essere flessibili, come nel caso della milanese Erica, che dopo una laurea in scienze della formazione ha dato un volto nuovo al settore risorse umane nell’azienda di illuminotecnica del padre; la freschezza di idee e l’energia, ben incarnate dalla filippina Alessandra, emigrata in Italia, che non solo si è messa in proprio nel settore della moda, ma ha fondato anche un progetto di microcredito per aiutare i suoi compatrioti a tornare a casa; la capacità di rischiare e la gratuità, che hanno portato Ivan, dopo una laurea in economia alla Bocconi, a seguire progetti nel sociale prima in Brasile e poi nella periferia milanese, pur senza alcuna certezza di un ritorno economico. «I giovani sanno vivere con ideali grandi, spesso messi da parte “perché si è sempre fatto così”. Ma l’innovazione e la creatività possono svilupparsi solo se accolti dall’ambiente in cui fioriscono».

 

Anche le peculiarità femminili come l’intuizione, ha osservato suor Alessandra, si trovano spesso schiacciate in un contesto economico che privilegia quelle maschili. «Eppure – ha proseguito – uno studio dell’Università di Leeds dimostra che un’azienda ai cui vertici ci sia una presenza femminile ha il 20 per cento in meno di probabilità di essere messa in liquidazione, e se la componente femminile supera il 30 per cento si raggiunge più facilmente l’eccellenza organizzativa». La chiave dello sviluppo dell’impresa sta quindi «nella complementarietà e nell’armonia tra lo specifico femminile e quello maschile». Da smentire anche il luogo comune secondo cui le donne che lavorano non fanno figli: la scarsa occupazione sembra piuttosto correlata ad un basso tasso di natalità, che può essere invertito solo con adeguate politiche a sostegno della famiglia.

 

Ricco e partecipato il dibattito che è seguito, in cui gli intervenuti hanno espresso soprattutto l’esigenza di una rete di sostegno per gli imprenditori o imprenditrici che si apprestano ad iniziare l’avventura di un’azienda EdC, e quella che tale progetto coinvolga anche i dipendenti per poter funzionare appieno. «Bisogna però tenere conto – ha osservato il docente di economia Luigino Bruni – che l’EdC è ancora relativamente giovane: ma i carismi hanno tempi lunghi, e noi dobbiamo avere la pazienza di chi fa cose grandi».

 

A chiudere il convegno, insieme alla presentazione dell’appuntamento dell’anno prossimo in Brasile per i 20 anni dell’EdC di Benedetto Gui, è stato l’invito della presidente del CdA del Polo Lionello Eva Gullo: «Scriveteci le vostre impressioni, perché il Polo è la casa di tutti gli imprenditori». Arrivederci al prossimo anno, pur ricordando, per dirla con Bruni, «che la vita non è una pausa tra un convegno e l’altro, ma è quando finisce il convegno che inizia la vita».

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