Fieri sanniti, raffinati piceni

Da Capua a Chieti: la riscoperta di due affascinanti civiltà preromane che hanno contribuito a fare la storia d’Italia
guerriero di caprestrano

Tosti, questi sanniti! Gente fiera, contadina e guerriera, ne dettero di filo da torcere ai pronipoti di Romolo, i quali pur vincitori furono costretti ad ammirare quei loro irriducibili nemici. E non meno bellicosi nel difendere la loro indipendenza questi piceni, magari più aristocratici, protagonisti di scambi commerciali e culturali non solo con l’antica Grecia attraverso l’Adriatico, ma pure con l’Europa centrale e centro-meridionale lungo la via dell’ambra.

I primi, un insieme di popoli che abitarono il territorio compreso tra l’attuale Lazio meridionale, parte della Campania e Abruzzo, Molise, Lucania e Puglia, che da essi appunto prese il nome di Sannio; gli altri, originati da un nucleo di sabini del Lazio stanziatisi nelle odierne Marche e in gran parte dell’Abruzzo.

 

Due civiltà confinanti, tessere di quel variegato mosaico di genti che era l’Italia prima della conquista romana. Cosa ne sapevamo, a parte qualche vago e lontano ricordo di scuola? Non molto, tanto più che solo da pochi decenni studi e scavi sistematici si sono intensificati per darcene una panoramica finalmente completa.

 

Luoghi privilegiati per ripercorrere la storia di questi due popoli dalle origini fino alla romanizzazione e per familiarizzare con l’articolazione sociale, la religione, le usanze funerarie, la lingua e la scrittura, le attività economiche e artigianali, sono, tra gli altri, il Museo Provinciale Campano di Capua e il Museo Archeologico nazionale di Chieti: occasione di una scoperta per i più, di un affascinante viaggio nella storia “perduta” della nostra Italia, fatta attraverso i ricchi corredi tombali, le armi, i gioielli e ornamenti, il vasellame e le suppellettili di raffinata fattura, anche di importazione dalla Grecia e del vicino oriente.

 

Fra i reperti esposti spiccano pezzi celebri quali le “madri di Capua” per l’area sannita o il Guerriero di Capestrano (nella foto) per quella picena.
 

E magari, di fronte a queste due antiche e fiorenti civiltà italiche sopraffatte dallo strapotere di Roma, a qualcuno verrà da riflettere sull’urgenza di salvaguardare – pena un impoverimento per tutta la famiglia umana – altre minoranze etniche, altre culture che in quest’epoca di globalizzazione lottano per non venir messe ai margini da quelle più avvantaggiate. A conferma che l’archeologia, scienza del passato, può contribuire a sviluppare una sensibilità che aiuti a vivere più consapevolmente anche certe implicazioni e problematiche del nostro presente.

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