Festa brasiliana ai mondiali di Roma

Due ori agli atleti sudamericani che testimoniano la professionalità di una scuola impareggiabile. L'Italia arranca
Beach volley Roma

Alla fine è stata festa brasiliana. Due ori verdegiallo, con Larissa-Juliana ed Emanuel-Alison (questi ultimi usciti vittoriosi dal derby di finale contro Márcio Araújo e Ricardo), che confermano la bontà di una scuola forse impareggiabile ma che non devono far pensare al beach volley come a una disciplina praticata soltanto nei Paesi caldi. A Roma, nell’ottava edizione dei Mondiali, di nazioni rappresentate ce n’erano infatti ben trentuno, con i tedeschi Brink e Reckermann (iridati uscenti) ancora sul podio (bronzo) e con due ragazze cinesi, Xue e Zhang Xi, giunte terze al termine di un grande torneo e destinate a inserirsi prepotentemente nell’eterna sfida Brasile-Stati Uniti (l’argento femminile è andato all’infinito duo americano May-Treanor-Walsh).

 

Ma grande spettacolo hanno offerto anche coppie olandesi, polacche, lettoni, svizzere, ceche (solo per citarne alcune), in rappresentanza di Paesi non certo tropicali. E l’Italia? Due noni posti da ricordare, con Nicolai-Martino e, soprattutto, con Cicolari-Menegatti, eliminate agli ottavi dalle cinesi poi di bronzo. Dietro, però, gli azzurri continuano ad arrancare, espressione di un movimento che fa maledettamente fatica ad emergere. Il tutto, nonostante la grande tradizione del volley italiano. 

In soldoni: la “materia prima” (i giocatori) ci sono, ma a mancare è l’organizzazione di fondo. Certo, se nella sola Berlino ci sono sessanta campi da beach, poi è inutile sorprendersi quando i tedeschi fanno incetta di medaglie in giro per il mondo. L’esempio, insomma, ce l’abbiamo poco lontano, ma evidentemente non riusciamo a fare altrettanto. Mistero di un Paese che, forse, continua a spendere troppe risorse per i soliti sport, a scapito di discipline meritevoli di altrettanta attenzione.

 

Il beach volley è stato assoluto protagonista di una settimana indimenticabile  del Foro Italico. Novantasei coppie in gara, cinque campi da gioco e un’atmosfera di festa che si respirava un po’ ovunque. Miracolo di un ambiente “libero”, lontano anni luce dalle eccessive tensioni tipiche di altri sport. Infatti, nonostante la posta in palio non fosse mica da ridere (60.000 dollari americani ai primi classificati, 3.400 agli ultimi), passeggiando per il Foro non era affatto difficile imbattersi in qualche campione olimpico che smetteva i panni dell’atleta e indossava semplicemente quelli del “turista”.

Disponibili al caloroso abbraccio dei fan, anche i beacher più affermati non hanno dimenticato di essere sì protagonisti, ma di un divertentissimo gioco. Un ambiente talmente rilassato da indurre una bambina ad avvicinare un’atleta brasiliana nel bel mezzo di un timeout per chiederle se a fine partita le avrebbe regalato la sua canotta. Proprio vero: succede solo nel beach volley.

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