Eretici e Corsari. Gaber e Pasolini a confronto

Ottanta minuti intensi all’interno di una grotta platonica, circondati da giochi di luci e ombre in un dialogo salace tra il cantautore milane e l'intellettuale friulano
Neri Marcorè interpreta Gaber

Una metafora filosofica serve a introdurre l’impianto scenico composto da una grande lastra rocciosa, sapientemente prodotta dal Teatro dell’Archivolto di Genova in collaborazione con la Fondazione Gaber, e una brillante combinazione di riflessi.
 
Il cantautore milanese e l’intellettuale friulano, incarnati da Neri Marcorè e Claudio Gioè, s’incontrano metaforicamente sulla scena, rileggendo i loro testi sempre attuali, che descrivono in modo disincantato e salace la società e il mondo in trasformazione, coadiuvati dai colori musicali degli Gnu Quartett, che reinterpretano canzoni storiche con sonorità contemporanee e ipnotici ostinati.
 
Questa figura musicale magnetica fa da tema dominante alla pièce. Come una lama tagliente, lentamente, lacera e scuote la coscienza dello spettatore, facendolo immedesimare negli Scritti Corsari pasoliniani e nelle liriche gaberiane irriverenti de Gli oggetti, Il Grido e Il Cancro. La drammaturgia è dottamente ricomposta come un patchwork dal regista Gallione.
 
Era il 1975 quando Pasolini scrisse la sua ultima opera: una raccolta di articoli, interviste e recensioni pubblicate tra il 1974 il 1975 su Corriere della Sera, Tempo illustrato, Nuova Generazione e Paese Sera. Lo scrittore commentò i suoi pezzi in maniera dura, asserendo che qualche lettore avrebbe trovato questa sua produzione banale. Invece, questi lavori hanno toccato in maniera ossessiva i mali e le angosce della contemporaneità osservata dall’autore.
 
Leggendo queste pagine, infatti, è facile rendersi conto che in fondo, in queste tre decadi e mezzo, non è cambiato poi tanto. Nonostante molti partiti politici non esistano più, la sostanza è rimasta la stessa: i valori sono sempre poco presenti e affiora un sempre maggiore vittimismo da parte delle giovani generazioni, che si sentono inascoltate e agiscono poco in prima persona.
 
Quest’aspetto è uno dei punti di maggior contatto tra Gaber e Pasolini e racchiude in sé un pensiero comune. Interessante è il rapporto che entrambi hanno con l’omologazione, vista, per lo più, negativamente. Questa, infatti, debilita il pensiero e la ricerca della diversità, intesa come arricchimento di conoscenza personale.
Il confronto con l’altro, secondo quanto asserito dai due caratteri dello spettacolo, deve essere fondamentale e va fatto senza discriminazioni di sorta, per ritrovare quegli ideali persi. Secondo il cantautore milanese, c’è la necessità di non sprecare energie e questo deve essere un monito soprattutto per le nuove leve.
 
Tutto ciò trova una sintesi nello spettacolo Un’idiozia conquistata a fatica e nel più provocatorio Polli di allevamento, dove Gaber riesce a esprimere tesi politiche di grande attualità con uno spirito raro e profondo. Buona la prova di Neri Marcorè, che da qualche anno ripropone brani musicali del cantautore milanese. L’attore, originario di Porto S. Elpidio, mostra anche doti da musicista, suonando con naturalezza la chitarra.
 
Bella, in uguale misura, la performance di Claudio Gioè, che incarna dapprima l’intellettuale friulano, facendosi poi suo cronista. Complimenti, infine, al regista che riesce a dosare sulla scena due personalità diverse: quella di Marcorè, più calma e riflessiva, e la furia, il fuoco e la passione della terra siciliana di Gioè. Si consiglia vivamente la visione dello spettacolo, in scena fino al 4 marzo al Teatro Olimpico di Roma. La tournée proseguirà poi il 6 e il 7 prossimi al Pergolesi di Jesi e l’8 al Dell’Aquila di Fermo.
 
 
 

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