Erdogan di nuovo battuto a Istanbul

Vittoria bis per Ekrem Imamoglu, candidato sindaco dell’opposizione nella città sul Bosforo, dopo che il presidente era riuscito a fare annullare il primo verdetto del 31 marzo scorso. Una prova della bonta della democrazia alla turca
Ekrem Imamoglu

Ha vinto con maggior distacco rispetto alla prima tornata elettorale, quella del 31 marzo, nel quale aveva sopravanzato di 13 mila voti soltanto il candidato del presidente, l’ex primo ministro Binali Yilieim. E il miglioramento non è stato di poco conto (più del 54% dei voti validi), dimostrando come la democrazia turca abbia al proprio interno quegli anticorpi necessari a farla rinascere nonostante le accuse continue rivolte al presidente Erdogan di voler istaurare un vero e proprio regime simil-dittatoriale.

Il tentativo di riconquistare Istanbul, la città più grande della Turchia, ponte tra Europa e Asia, 18 milioni di abitanti e 30 per cento del Pil turco, non è riuscita a Recep Tayyip Erdogan, che da sempre ripete il ritornello che «conquistare Istanbul vuol dire conquistare la Turchia». Lui stesso, dal 1994 al 1998, era stato sindaco della città, che aveva utilizzato come trampolino di lancio per il suo impegno nella politica nazionale, scalando via via tutti i gradini del potere fino a sedersi sullo scranno più alto, quello di presidente, facendo votare un forte aumento del potere presidenziale rispetto a quello degli altri organi dello Stato.

Va riconosciuto a Erdogan, questa volta, il fair play, visto che si è felicitato subito col vincitore riconoscendo la vittoria di Imamoglu e del suo Chp (Partito popolare repubblicano, laico e di area socialdemocratica), il quale a sua volta ha chiesto al presidente di collaborare «per il miglior bene di tutti i cittadini di Istanbul». Mentre Yildirim, dell’Akp, il potentissimo Partito giustizia e sviluppo, una vera e propria macchina di guerra costruita negli anni dal presidente Erdogan, si è limitato ad augurare «buona fortuna» al vincitore. La sconfitta brucia, anche perché doppia.

Festa per la vittoria di Ekrem Imamoglu
Festa per la vittoria di Ekrem Imamoglu

Quasi sconosciuto in Turchia prima di imbarcarsi nella corsa per le municipali di Istanbul, Ekrem Imamoglu, 49 anni, ha il piglio del leader, anche se con una dimensione più cordiale rispetto alla dimostrazione di forza che contraddistingue l’immagine di Erdogan nel Paese. La personalità calma e rassicurante di Ekrem Imamoglu, che ha 49 anni, appare contraria ad ogni populismo. La sua ampia vittoria è tanto più meritevole visto che ha avuto una copertura mediatica molto inferiore a quella assicuratasi dal candidato Akp Binali Yildirim. Ekrem Imamoglu ha voluto insistere sulla prossimità, senza smarrirsi in discorsi “nazionali”, ma limitandosi a cercare il bene per la sua città. «La mia arma principale in politica – aveva detto in un’intervista prima del voto e lo ha ripetuto una volta eletto – è la semplice tecnica plurimillenaria del passaparola».

Aveva dovuto mandar giù il boccone amaro dell’annullamento del primo voto di marzo, ma non si era perduto d’animo e, soprattutto, non aveva modificato la sua politica di vicinanza, appunto, con la popolazione. Ha insistito sulla semplice promessa di aiutare le famiglie più povere della città con un sussidio piccolo ma comunque mensile, e sull’apertura di asili nido di cui c’è grande penuria a Istanbul. Nato nel 1970 a Trebisonda sul Mar Nero (la città dove è stato ucciso don Andrea Santoro), Ekrem Imamoglu ha studiato economia a Istanbul, prima di impegnarsi nell’azienda edilizia di famiglia, scendendo in politica una decina d’anni fa, risultando eletto sindaco di Beylikdüzü, un distretto di Istanbul, nel 2014.

Il vincitore nega di voler “fare il salto” nella politica nazionale. Si vedrà. Fatto sta che, d’improvviso, la quasi certa rielezione di Erdogan alla tribuna presidenziale nelle elezioni del 2023 riceve un duro colpo, e sembra che le carte si stiano rimescolando profondamente. I prossimi mesi saranno importanti. C’è da giurare che il presidente cercherà in tutti i modi di riprendere il pallino in mano, per non perdere quel grande serbatoio di voti che è il mondo rurale. Mentre l’opposizione dovrà dimostrare la sua acquisita maturità evitando la dispersione.

La spesso denigrata democrazia turca ha così dimostrato di avere nel proprio Dna, ereditata dal padre della patria Atatürk, degli anticorpi atti a rimetterla in carreggiata dopo eventuali sbandamenti. Colpisce, inoltre, che abbia vinto un “politico all’antica”, non un personaggio dedito esclusivamente alla campagna elettorale digitale, non un presenzialista che occupa sempre le prime pagine dei giornali, l’apertura dei telegiornali o le home page dei siti web, ma un uomo che fa comizi nelle piazze, che visita i quartieri poveri della città, che parla con la gente reale, che cerca di risolvere i problemi spiccioli della gente. Sana politica… alla turca.

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