Economia di Comunione, minoranza profetica

In Brasile si prepara l'assemblea internazionale che celebrerà i 20 anni del progetto solidale voluto da Chiara Lubich. Tra i primi sostenitori anche l'economista Stefano Zamagni. Dal sito Edc
Stefano Zamagni

Era il 1991, quando Chiara Lubich, durante un suo viaggio in Brasile, per incontrare la comunità del movimento dei focolari, lanciò il progetto dell’Economia di Comunione. I poveri incontrati in quell’occasione suscitarono in lei l’idea di aziende che avrebbero potuto destinare liberamente parte degli utili per risollevare i miseri e al contempo formare a questa nuova cultura di fraternità anche in economia, uomini e donne che volevano scommettere sulla fraternità anche nel campo imprenditoriale. A 20 anni dalla nascita dell’Economia di Comunione, in Brasile si festeggerà con un’assemblea internazionale dal 25 al 28 maggio 2011

 

Tra i primi appassionati sostenitori del progetto anche il professor Stefano Zamagni, docente di economia politica a Bologna. In vista di questo appuntamento, lo abbiamo intervistato.

 

Professor Zamagni, il 29 maggio Edc compie 20 anni: lei è stato e continua ad essere uno dei suoi estimatori più convinti: si ricorda in che circostanze ha sentito parlare di Edc per la prima volta?

Ne ho sentito parlare in occasione di un’intervista che venne a farmi Luigino Bruni, allora giovane studioso che si preparava al dottorato: in quell’occasione Luigino mi annunciò questa espressione che all’inizio mi sorprese alquanto.

Ma ho cominciato a prendere in considerazione seria questo progetto e tutto ciò che vi sta a monte quando, in un incontro con Chiara Lubich, ebbi la netta percezione di trovarmi di fronte ad una persona non solo ispirata (ce ne sono tante, anche oggi…) ma profetica. Sentire una persona che, non essendo economista, parlava con una ingenuità che è quella del bambino di cui parla il Vangelo, della possibilità di dare vita ad un modello come quello di Economia di Comunione mi colpì profondamente, molto più che se la presentazione di quel progetto mi fosse stata fatta da un esperto di questioni economiche. Allora mi misi a riflettere sul significato profondo di questa esperienza e, se non vado errato, il mio primo piccolo contributo su questo tema risale al 1998-1999, a un po’ meno della metà del cammino ventennale di Edc.

 

Lei pensa che l’Edc possa rappresentare davvero una speranza nell’attuale mondo economico in crisi e, se sì, perché?

Quello dell’ Economia di Comunione è un esempio, non certo unico ma molto elevato, di quelle che nella Teoria dei Giochi noi chiamiamo le minoranze profetiche. Nelle nostre teorie dei giochi evolutivi si dimostra che per raggiungere determinati obiettivi di civilizzazione e di progresso morale oltre che economico, è sempre necessario che ci sia una minoranza, in senso numerico, che svolge la funzione di catalizzatore e di indicatore dell’obiettivo ultimo verso il quale tendere. Ora quando questa minoranza profetica soddisfa certe condizioni nel proprio agire, allora il suo messaggio viene recepito dagli altri e produce quella trasformazione lenta, ma graduale nel tempo, che porta ad un avanzamento della società. Così è stato nel 1400 quando, in un contesto completamente diverso dall’attuale, la scuola di pensiero francescana svolse un ruolo del tutto analogo. Anche allora i francescani furono una minoranza profetica e sappiamo quello che ne è derivato dopo. Prima ancora, se andiamo indietro nel tempo, la stessa cosa può dirsi del movimento benedettino. Quando Benedetto lancia l’Ora et labora sono pochissimi quelli che poterono capire e apprezzare quella espressione. Molti non la capirono affatto, però dopo alcuni decenni già il movimento benedettino aveva invaso l’Europa intera generando quel risveglio di cui tutti sanno.

 

La storia è punteggiata dalla presenza di minoranze profetiche che rompono l’equilibrio sociale pre-esistente, squarciano il velo per usare una espressione più forte, facendo intravedere agli altri che è possibile una direzione. Chi mi dice: “le imprese di economia di comunione non cambieranno il mondo perché sono poche” dice una sciocchezza perché le imprese di Economia di Comunione devono essere poche, guai se diventassero dominanti, perché il loro ruolo non è nella quantità, ma nella capacità di indicare, anche agli altri, che magari non sono neppure credenti, una via diversa per fare economia. Così come fecero i francescani che non pretesero allora che tutti gli imprenditori diventassero francescani, accettassero la regola, però se non ci fosse stato quel nucleo non sarebbe accaduto né l’umanesimo civile né il rinascimento. Oggi l’Edc svolge un ruolo del tutto analogo: quindi piuttosto di preoccuparsi di allargare la quantità, meglio occuparsi della qualità cioè aumentare la capacità profetica che gli imprenditori esprimono.

 

Lei parteciperà alla giornata conclusiva dell’evento Brasile 2011. Abbiamo visto qualcosa degli scorsi 20 anni, ha una parola per i prossimi 20? Obiettivi da qui al 2031? 

Direi di fare tesoro della metafora di Platone dei due cavalli: dice Platone “il solco sarà diritto se i due cavalli che trainano l’aratro procedono alla stessa velocità.” All’Economia di Comunione direi: preoccupatevi di far marciare alla stessa velocità ed uno vicino all’altro i due cavalli. I due cavalli sono: da un lato quello che rappresenta in termini economici l’efficienza, la capacità cioè di stare dentro il mercato, senza sussidi; l’altro cavallo però è quello della fraternità: cioè la traduzione nell’agire economico del principio di reciprocità. Se l’Economia di Comunione riesce a far stare assieme “i due cavalli” allora il gioco è fatto, allora diventa minoranza profetica e i risultati non possono che seguire. Se invece si manda avanti il cavallo dell’efficienza e si fanno sconti o abbuoni al cavallo della fraternità, si cade nell’efficientismo e allora qualcuno dirà: “che bisogno abbiamo di questo?”. Ma è vero anche il contrario: se si manda avanti solo il cavallo della fraternità, trascurando quello dell’efficienza, pure non si va avanti: queste imprese che operano dentro il mercato hanno bisogno di essere autonome, dal punto di vista sia strategico che finanziario: nel momento in cui queste aziende per tirare avanti devono mettersi sulla difensiva oppure devono piegarsi ad esigenze di terzi, perdono la propria carica profetica, ed anche di questo non c’è bisogno. Occorre quindi fare tesoro di questa massima platonica, Platone era uno che se ne intendeva.

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