Dna artificiale

Per la prima volta, in una cellula è stata inserita una sequenza di geni programmata al computer. Prospettive straordinarie e qualche preoccupazione.
Craig Venter

Alla fine la notizia è arrivata. Craig Venter, il geniale e spregiudicato imprenditore “scienziato” milionario, ha ancora una volta bruciato sul tempo i ricercatori di tutto il mondo. Con la tenacia e l’inventiva che lo contraddistinguono, dopo otto anni di tentativi è riuscito a togliere da una cellula il Dna, cioè la sequenza di geni che ne controlla le attività, scomporlo nei suoi componenti elementari, per poi rimontarlo, come in un Lego, in una sequenza diversa, aggiungendo anche qualcosa di nuovo, e infine reinserirlo al suo posto. La cellula ha quindi iniziato ad eseguire le istruzioni del nuovo Dna, riproducendosi normalmente.

 

Un grande risultato: finora, con la cosiddetta ingegneria genetica, si cercava faticosamente e con scarsi risultati di sostituire un singolo gene per volta nel Dna di una cellula, con tutte le limitazioni date dalla struttura pre-esistente. Qui si cambia completamente approccio, si parte da zero, si entra nell’era della "biologia di sintesi". Venter si è chiesto infatti quali fossero i geni indispensabili per la vita di una cellula, la struttura minima. Una volta identificata questa sequenza di base, ha cominciato ad aggiungere altri geni, a sua scelta, per ottenere questo o quel risultato. Per far vedere che ne era capace, nell’esperimento presentato sulla rivista internazionale Science ha aggiunto un gene che colora la cellula di blu.

 

In pratica, Venter ha messo a punto un metodo per sintetizzare cellule, oggi, microrganismi, domani, alghe, dopodomani, capaci di eseguire compiti predefiniti, come per esempio ripulire il mare dal petrolio, produrre farmaci e così via. Una microscopica fabbrica altamente efficiente e replicabile all’infinito con spesa minima. Una grande risorsa a disposizione dell’umanità. Tra l’altro, per evitare contaminazioni involontarie nell’ambiente, Venter ha tolto alla cellula i geni che la rendevano capace di sopravvivere al di fuori del laboratorio. Insomma, ha realizzato il sogno di qualsiasi imprenditore!

 

Naturalmente questo è solo il primo piccolo (enorme) passo, da confermare. La possibilità di crescere poi nelle dimensioni degli organismi artificiali è ancora tutta da dimostrare, vista la complessità straordinaria della singola cellula, tanto più degli organismi di livello superiore. Ma la scienza, e ancor più la tecnologia, hanno sempre progredito per tentativi ed errori, quindi la strada è ormai aperta.

 

Mentre aspettiamo le conferme, eviterei di farci venire il mal di testa a discutere se con questa cellula dotata di Dna artificiale Venter abbia o no “creato” nuova vita. L’imprenditore americano ha aperto la strada ad organismi artificiali, ingegnerizzati tramite modellazione al computer. L’ha fatto nel segreto del suo laboratorio, senza l’apertura che normalmente contraddistingue la ricerca di base nel mondo scientifico. E già questo pone, fin dall’inizio, interrogativi concreti sul futuro.

 

Quello che dovremmo discutere, quindi, sono i possibili utilizzi che questa tecnica permette: pensiamo a cosa potrebbero fare i militari con organismi artificiali che combattono producendo sostanze mortali per i nemici. O al pazzoide di turno che costruisce e libera nell’ambiente qualche strambo aggregato cellulare senza sapere bene quali effetti potrà avere. O a brevetti che escludano dai vantaggi i paesi in via di sviluppo.

 

Come per qualsiasi altra attività dell’uomo, anche questa andrà regolamentata con saggezza e buon senso, in modo da poter beneficiare, tutti, dei suoi effetti positivi, riducendo al minimo quelli negativi.

 

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