Diritto di sangue o diritto di terra?

Serve un sereno dibattito sulla proposta di Napolitano che prescinda dalle tornate elettorali. Cosa ci fa veri cittadini? Un commento dal Sud
Un cuoco africano immigrato
Nei giorni scorsi il presidente Napolitano ha presieduto un’ importante manifestazione nell’ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, a cui hanno partecipato alcuni ragazzi di origine immigrata nati in Italia che, per loro esplicita loro richiesta, hanno ottenuto la cittadinanza italiana nel 2011. Questo incontro è stato semplicemente definito quello con i nuovi cittadini.

 

In seguito, in occasione dell’incontro con la delegazione della Federazione chiese evangeliche in Italia, il presidente ha ripreso il tema degli immigrati nati in Italia ed ha detto: «Ho messo soprattutto l’accento su quella che è un’autentica, non so se definirla follia, assurdità, cioè quella dei bambini di immigrati nati in Italia che non diventano cittadini italiani. Noi abbiamo oramai centinaia di migliaia di bambini immigrati che frequentano le nostre scuole e che, per una quota non trascurabile, sono nati in Italia, ma ad essi non è riconosciuto questo diritto elementare, ed è anche negata la possibilità di soddisfare una loro aspirazione – che dovrebbe corrispondere anche a una visione nostra, nazionale, volta ad acquisire delle giovani nuove energie ad una società abbastanza largamente invecchiata (se non sclerotizzata)».

 

Queste parole sono state principalmente interpretate in senso strettamente politico soprattutto nell’ottica delle prossime tornate elettorali. Non dimentichiamo che in Parlamento sono pendenti due disegni di legge, uno per riconoscimento del diritto di cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia, l’altro per il voto nelle consultazioni elettorali locali per gli immigrati.

 

Dovremmo invece aprire un sereno dibattito – escludendo i temi strettamente elettorali – per capire quali sono gli elementi che creano, per così dire, un cittadino. E’ sufficiente essere nati in uno Stato per acquisirne la cittadinanza? Oppure: è sufficiente avere entrambi i genitori originari di un Paese per essere cittadini di quel Paese anche se, paradossalmente, non ci si è mai messo piede? Anche queste due semplici domande non sono evidentemente sufficienti per giungere ad una soluzione. Occorre guardare al significato e al valore irripetibile di ciascuna persona nella visione di una società globalizzata che preme per espandersi ben oltre gli stretti confini geografici e politici.

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