Diario dalla Siria /21

L'attentato di giovedì scorso sorprende i nostri amici in strada: 50 morti e 230 feriti è il bilancio ufficiale, mentre gli artificieri hanno disinnescato in tempo un'auto bomba che doveva saltare in aria all'arrivo dei primi soccorsi. Negli ospedali serve sangue e la gente è sotto shock. Si vive in una quotidiana follia
Esplosione a Damasco

«Ci siamo incontrati ieri pomeriggio con un gruppo di giovani per valutare il lavoro a favore delle famiglie sfollate e continuare in modo più efficace. Avremmo dovuto farlo giovedì, ma l’attentato del mattino ci ha spinto ad annullare ogni appuntamento. Come succede sovente in questi casi. Certo che è stato terribile.

«In piena mattinata, in un posto affollato, vicino a una scuola, a un ospedale, a una moschea e a importanti uffici pubblici dove ci si reca sovente per certificazioni ed attestati. Eravamo per strada, ero uscita per uno dei “fuori programma” che caratterizzano la vita qui: un taglio imprevisto di elettricità proprio quando avevo appena finito di lavarmi i capelli! Cercare allora un parrucchiere vicino a casa che me li asciugasse non era certo un atto di vanità ma aveva il semplice scopo di non prendermi un bel raffreddore, con questo freddo e la possibilità che l’elettricità torni soltanto dopo ore. Sentiamo un colpo, molto forte.

«Come tanti, alziamo lo sguardo per capire che cosa sia successo, poi, lontano, una colonna di fumo spesso. Entriamo dal parrucchiere, la tv già mostra le immagini disastrose, solo in serata si avrà la conferma del numero dei morti (più di cinquanta) e dei feriti (almeno 230), oltre a decine di palazzi danneggiati e un numero non ben precisato di auto distrutte. Ma sono i cuori ad essere distrutti. Non ci si aspettava di nuovo un atto così barbaro. Che sarebbe stato ancora più micidiale se non fosse stata intercettata un’auto pronta a scoppiare appena i soccorsi fossero arrivati. Follia!

«Cominciano le telefonate rapide alle persone che sappiamo avere il lavoro da quelle parti. Rim ci confida con tono agitato che era salita su un predellino in aula per scrivere alla lavagna ed è caduta a causa del botto, nonostante la sua scuola si trovi ad almeno tre isolati dal luogo dell’esplosione. Quando ha saputo dell’accaduto, ha avuto uno choc e ci è voluto un bel po’ per riprendersi. Avrebbe infatti dovuto andare a ritirare un certificato proprio in un ufficio nel luogo dell’attentato. Non è la prima volta che le succedono tali coincidenze e non è facile sapersi ancora una volta sopravvissuta.

«Anche Soula racconta una storia simile, che l’ha fatta molto riflettere. Stava uscendo per il  lavoro quando le telefona una signora per chiederle quali documenti avrebbe dovuto consegnare per una certa pratica. Soula confessa di essersi spazientita perché non le piace essere contattata fuori dell’orario d’ufficio ma dà tutte le indicazioni. Grazie al cielo! Perché la signora avrebbe voluto andare proprio in quell’ufficio pensando che un certo documento fosse obbligatorio. C’è chi vorrebbe andare a dare il sangue negli ospedali che lo richiedono con urgenza ma non può arrivarvi, le strade sono chiuse, il traffico impossibile, cominciano controlli severissimi. Si parla di un avvertimento in vista dell’incontro di lunedì prossimo in Russia tra il ministro degli Esteri siriano e l’opposizione.

«Mi chiedo attonita che cosa si possa fare in questi casi. Mi ricordo di una frase di Giovanni della Croce, che fin da giovane mi aveva colpita anche perché ne avevo poi sperimentato tante volte la verità: “Dove non c’è amore metti amore e troverai amore!” Comincio a recitare il Rosario. Per tutti, per le vittime, per le famiglie, anche per quelli che hanno pianificato questo atto indegno. Una goccia di positivo, non si può restare fermi, con le mani in mano. La sera ascolto poi a lungo al telefono un’amica che, me lo confessa quasi con vergogna, ha un sentimento di odio per chi ha provocato questo macello premeditato e per quelli che lo appoggiano. Capisco… ma cerchiamo insieme di risalire la cima, verso quel Gesù che ha detto certo tanti “Guai!” infuocati ma ha dato la vita per tutti, nessuno escluso. Non è facile ma vogliamo crederci anche adesso alla forza e alla necessità del perdono. Vogliamo avere i sentimenti suoi».

Giò Astense

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