Dalla paura alla speranza

Al lavoro per ritornare alla normalità nei paesi terremotati. L'esperienza di una famiglia di Medolla
terremoto emilia

Federica, Chiara e Francesco sono notte e giorno nella tendopoli di Medolla, Benedetta fa compagnia ai nonni, papà Nunzio presta servizio come medico a Medolla, mamma Marta lavora in farmacia a San Possidonio. Una famiglia semplice, che prima del terremoto viveva la quotidianità cercando di districarsi tra gli studi universitari delle figlie, il lavoro dei genitori, la cura dei nonni, l’impegno in associazioni e movimenti di volontariato a vario titolo. Una vita intensa dove gli impegni pubblici e privati s’intersecano con i bisogni degli altri, ancor più se questi sono persone sole, anziane, bisognose d’aiuto.
 
C’è un prima e un dopo terremoto anche per la famiglia Borelli, eppure lo spirito con cui si affrontano le varie circostanze, anche quelle dolorose di queste giornate, è lo stesso: «Siamo fortunati – dice Marta – perché la nostra casa non è crollata»; «Appena vi è stata la prima scossa – interviene Nunzio – ho chiamato i miei colleghi medici di famiglia e siamo andati all’interno di una cooperativa dove in sei abbiamo cercato di allestire degli ambulatori e far fronte alle prime necessità: soccorrere quanti erano caduti, che avevano riportato ferite e così via».
 
Sono passati alcuni giorni sia dalla prima che dalla seconda scossa, a Medolla la Protezione civile ha allestito una tendopoli, da quel giorno i figli di Marta e Nunzio, impegnati nei gruppi scout, hanno deciso di spendersi al servizio degli altri: «Abbiamo montato brandine – mi racconta Federica con tanto di casco protettivo in mano – e cercato di dare sostegno a tutti gli anziani molto provati da questa situazione»; «Io non posso aiutare nelle tendopoli – è Benedetta a parlare – perché sono minorenne, però mi son messa a disposizione dei più piccoli e così ho passato le giornate giocando con loro»; Chiara, invece, chiede solo un po’ d’acqua, poi incita tutti a continuare senza perdere tempo. Marta mi confida: «Non vedevo le mie figlie da due giorni, sono sempre in tendopoli, sono orgogliosa per quello che fanno».
 
E c’è da essere riconoscenti anche per il lavoro che fa Marta: «Una mia collega in farmacia non riusciva più a reggere la tensione – mi spiega – e così ha preso diversi giorni di ferie; ora copro anche il suo turno». Il lavoro di Marta è eroico (non esagero): ogni giorno si reca in farmacia in uno stabile dove naturalmente non si sente al sicuro: «Devo essere forte perché tutti quelli che vengono per comprare medicinali o altre cose hanno bisogno di sostegno».
 
Chiamo Marta questa mattina (dopo l’ennesima scossa forte che ha visto l’epicentro proprio nei pressi di San Possidonio dove lei lavora); nonostante la paura e la tensione è all'interno della farmacia dove presta servizio: «Speriamo che arrivi al più presto il container», mi confida. Quel container non è ancora arrivato e fin quando non ci sarà Marta ha deciso di lavorare ugualmente per gli altri.
 
La famiglia Borelli non s’incontra né a pranzo né a cena, Nunzio e Marta dormono in tenda nel giardino dinanzi la casa dove si trovano i nonni, i figli dormono su brandine all’interno della tendopoli. A guardarli in faccia la fatica si legge, ma non traspare mai nemmeno un pizzico di sfiducia; anche loro hanno dubbi e interrogativi su come faranno in futuro, eppure sono tutti contenti di come stanno vivendo questi giorni. Nessuno di loro parla molto, le loro azioni, però, sono iniezioni pure di coraggio e gridano a tutti: «Medolla noi la vogliamo ricostruire».
 
 

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