Dalla Liguria una proposta per salvare produzione e ambiente

Il presidente della Regione propone un “modello-Genova” per impedire la fine dello stabilimento di Taranto. «Bisogna far decollare altre attività»
Ilva Genova

«Siamo sconcertati, perché queste continue interpretazioni e decisioni della magistratura, per il cui lavoro abbiamo il massimo rispetto, non fanno che aumentare la preoccupazione fra i lavoratori», commenta così il segretario genovese della Fiom Bruno Manganaro, la decisione del Gip di Taranto di far interrompere le attività di produzione dell'Ilva. «Per il momento, restiamo tutti fermi, ma è chiaro che non potremmo assistere alla fermata dell'impianto di Taranto come se niente fosse. Forse a qualcuno sfugge che fermare l'impianto significa chiuderlo per sempre. E questo vorrebbe dire la fine della siderurgia in Italia».
 
A Genova, sede dell’altro stabilimento Ilva, la preoccupazione è tanta: «Aspettiamo e vediamo cosa fare. Certo, sono tempi difficili questi per l'industria, proprio non ci voleva. Ora attendiamo qualche giorno, vogliamo riflettere senza drammatizzare una situazione già così grave. Ma, se lo stop fosse confermato, sarebbe davvero la fine».
 
Intanto si fa largo un’ipotesi, quella proposta del presidente della Regione Liguria,  Burlando:  salvare Taranto, copiando  il "modello-Genova", quello che dieci anni fa ha permesso di spegnere l'altoforno Ilva di Cornigliano, bonificando l'intera area e consentendo all'azienda di sviluppare attività ad alto valore aggiunto. Si tratterrebbe di attuare un accordo di programma coniugando ambiente e lavoro. «Il governo ha deliberato finanziamenti per la bonifica di Taranto, – spiega Burlando. La stessa cosa accadde per Genova. Da noi si trattava di non fermare la produzione e far decollare una nuova attività; a Taranto bisogna salvare l'impianto esistente, mettendolo nelle condizioni di rispettare i più rigidi parametri ambientali. Ma l'obiettivo è comune, fra noi e loro, per quanto riguarda la bonifica delle aree, la riqualificazione dei quartieri è una produzione che sia rispettosa dei vincoli di legge. L'altoforno va tenuto acceso, ma bisogna imporre all'azienda un piano d'investimento mirato e un crono-programma certo per quanto riguarda la bonifica. Poi, tutto quanto andrà incasellato all'interno di un accordo generale».

L'esperienza di Genova sembrerebbe giocare a favore di una soluzione analoga in Puglia. Oggi, Cornigliano ha un impianto "a freddo" fra i più avanzati in Europa per l'attività di laminazione, che la crisi internazionale non risparmia di certo, ma che rappresenta la naturale continuità produttiva con Taranto,  proprio perché non si può spegnere un altoforno senza uscire dal mondo della siderurgia. «E' impensabile chiudere Taranto, spiega Burlando, se lo facciamo, quando il mercato dell'acciaio ripartirà questo Paese sarà fuori per sempre dalla siderurgia. Ne ho parlato anche con il presidente della Puglia Vendola, abbiamo una linea d'azione comune: sistemare l'impianto con investimenti e tempi certi e far proseguire l'attività». E tutto questo mentre l'attività di bonifica e di riqualificazione del territorio ligure va avanti.

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