Da Padova a Bruxelles proposte per le politiche idriche europee

Si è chiuso nella città veneta il Forum europeo dei giovani per l'acqua: nel documento finale, idee concrete per la gestione e la tutela di questo bene comune
Acqua pubblica

«Chiediamo alle istituzioni europee di menzionare esplicitamente il diritto all'acqua nelle loro politiche, e ad ogni Paese di elaborare indicatori per valutarne la progressiva implementazione»: è uno dei passaggi iniziali del documento finale del Forum europeo dei giovani per l'acqua, che ha portato a Padova oltre 80 giovani da Italia, Slovenia, Spagna, Belgio e Francia dall'11 al 14 maggio. Quattro giorni di lavoro in commissioni tematiche, confronto con esperti e testimoni della difesa del diritto all'acqua e alla sua tutela come bene comune, per formarsi e informarsi, elaborare proposte concrete da presentare in sede europea, e creare una rete di movimenti giovanili nel continente. L'attenzione si è focalizzata soprattutto sulla Blueprint, la revisione della direttiva quadro comunitaria sull'acqua, che pone i principi base per la gestione delle risorse idriche in capo a tutti gli Stati membri: principi che secondo molte organizzazioni della società civile andrebbero rivisti, in quanto porrebbero di fatto le condizioni per la privatizzazione.

Il Forum si è aperto nel pomeriggio di sabato 11, entrando subito nel vivo dei lavori di ciascuno dei cinque gruppi. Ad aiutare i ragazzi sia nel fare il punto della situazione che nell'elaborare proposte per superare le criticità individuate è arrivata una buona schiera di esperti, ma soprattutto di testimoni di alternative possibili: tra questi la boliviana Camila Oliveira, che ha portato l'esperienza dei comitati di quartiere per la gestione dell'acqua a Cochabamba, e Adriana Marquisio, delle Obras sanitarias del Estado dell'Uruguay, che ha seguito le lotte per la difesa dell'acqua pubblica in tutto il Sudamerica. «L'America Latina – ha ricordato – è l'unico continente in cui una multinazionale come Suez è stata estromessa da tutti i contratti di gestione, 34 Paesi hanno istituito commissioni ad hoc per la gestione pubblica dell'acqua, e in diversi sindacati i lavoratori stessi si sono accollati in prima persona gli oneri di queste battaglie. Non tutte hanno avuto successo: ma l'Uruguay, l'unico Paese del Sudamerica che ha raggiunto l'accesso quasi universale all'acqua potabile, è testimone che un'altra via è possibile».

La sera di domenica 12 i giovani hanno coinvolto la città con un flashmob, occasione per promuovere la raccolta di firme in favore dell'Iniziativa dei cittadini europei perché l'acqua venga ufficialmente riconosciuta come diritto umano e bene comune e protetta dalla privatizzazione: un nuovo strumento previsto dal Trattato di Lisbona che consente ai cittadini ed alle organizzazioni della società civile di proporre alla Commissione Europea un'iniziativa legislativa, raccogliendo un milione di firme in almeno sette Paesi dell'UE nell'arco di 12 mesi. Per ogni Paese è stabilita una soglia minima, 54.750 nel caso dell'Italia: e se a livello europeo il milione di firme è stato superato, nel nostro Paese siamo ancora a 40 mila.

Culmine del forum, nella mattina di martedì 14, è stata la presentazione del documento finale in cui sono state raccolte le richieste alle istituzioni e le proposte concrete elaborate dai giovani. Tra le tante spiccano l'istituzione di un “bollino blu” con cui riconoscere l'impegno dei Comuni nella tutela dell'acqua; la creazione di una banca dati sullo stato della gestione idrica in ciascuna città, tramite una mappa navigabile in cui vedere chi gestisce gli acquedotti e i termini del contratto; la promozione dei partenariati pubblico-pubblico per lo scambio di buone pratiche, secondo l'esempio sudamericano; e una serie di misure per la trasparenza delle aziende di gestione. «Certo per ora sono solo proposte – ha affermato Miriam, dalla Spagna – ma credo che, tenendo conto del poco tempo e del fatto che nemmeno ci conoscevamo, possiamo dirci soddisfatti del nostro lavoro».

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