Cosa imparare dal caso Grecia (2)

La questione ellenica obbliga a porsi le vere domande sulla natura dell’Europa e sul tipo di unione che vogliamo per il futuro.
Ingrid Bergman a Cannes

Viste le note positive insite nella soluzione proposta finora al caso Grecia, bisogna considerare come la Ue si trovi a dover finanziare un terzo programma di salvataggio che peserà sugli altri Paesi europei e che creerà dei problemi ai rispettivi parlamenti. Soldi, tra l’altro, che non è per niente sicuro che possano essere restituiti e programma che non è per niente sicuro che venga completato.

Anche in questa situazione, vista qui da Atene, si potrà trovare qualcosa di buono. L’opinione pubblica, o per meglio dire la sua maggioranza, se ne sta rendendo conto:

–      il mantenimento dello status quo geopolitico, senza fughe verso Russia e Cina;

–      la coerenza della politica Ue;

–      l’emergere, a causa del problema greco, di alcuni difetti dell’euro;

–      l’avvio di meccanismi di early warning system, cioè di segnalatori delle difficoltà del sistema finanziario ed economico nei vari Paesi;

–      la problematica relativa ad un’austerità che si rivela sterile e incapace di mettere in moto una reale crescita;

–      la coscienza che nella Ue, a parte quelli fiscali, ci sono deficit di non poco conto: di democrazia, di fiducia, di visione comune, di unità, di dialogo, di fraternità.

In fin dei conti, dal momento che le conseguenze per l’Europa di un’eventuale Grexit non sono calcolabili pienamente, come ha ammesso la stessa Merkel, sarebbe irresponsabile da parte dell’Ue espellere uno Stato dall’unione monetaria. In più, tagliare la mano che soffre non è mai stata una soluzione adeguata ai problemi fisiologici di un corpo.

La conclusione che si può trarre da tutta la vicenda vista qui da Atene è la seguente: tutte le parti hanno commesso degli errori, tutte le parti devono fare i loro “compiti a casa” e tutte le parti devono riesaminare e riconsiderare la loro strategia e le loro tattiche. Perché dobbiamo capire che tipo di Ue vogliamo. Vogliamo finalmente attuare il motto dell’Unione, “uniti nella diversità”? Se lo vogliamo, bisogna adattare le terapie ai pazienti ed evitare di fare degli esperimenti di laboratorio con delle cavie. In più, si deve trovare il modo di evitare la crescita di spirali perverse di austerità. Vogliamo invece un’Europa a geometria variabile? Non sarebbe più un’unione. Vogliamo al contrario avvicinarci a degli Stati Uniti d’Europa? Queste sono le domande a cui noi greci, così come tutti gli europei, dobbiamo cercare una risposta. Se possibile condivisa

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