Contro il disimpegno viaggio nella Repubblica

La scuola di partecipazione civile di Trento scrive un libro di educazione civica: otto giovani spiegano ai loro coetanei, attraverso l'incontro con personaggi importanti della nostra storia contemporanea, perchè non bisogna lasciare il Paese in mano alla politica che non piace. Romano Prodi è intervenuto alla presentazione
Giovani a Loppianolab 2013

Ne avevamo parlato un anno e mezzo fa, in questo articolo su cittanuova.it; e ora il progetto partito dalla Scuola di partecipazione sociale di Trento, che ha messo in rete studenti liceali e universitari provenienti da esperienze culturali diverse – dalla Fuci al Movimento politico per l'unità –, è arrivato al termine. È infatti stato pubblicato «E tu cosa sei disposto a fare? I testimoni per viaggiare nella Repubblica», libro di educazione civica che gli otto intraprendenti giovani hanno redatto intervistando personaggi rappresentativi della storia del nostro Paese, delle sue istituzioni e dei valori costituzionali. Tra questi anche Romano Prodi, che è intervenuto a Trento il 4 febbraio alla serata di presentazione, mettendosi in dialogo con gli autori Federico Amianti, Francesca Capoluongo, Laura Centomo, Alice Dalfovo, Federico Damin, Mirco Partacini, Rocco Sedona e Riccardo Taiss.

Perché appunto di un dialogo si è trattato, dato che la presentazione dei contenuti è stata parecchio stringata: più di tutto, ha notato una delle autrici, contava il fatto che «siamo stati noi stessi, riprendendo questa domanda che Aldo Moro rivolse ad uno studente che gli rimproverava l’indifferenza della classe politica, a chiederci che cosa fossimo disposti a fare: soprattutto per i nostri coetanei, sempre più lontani dall’impegno su questo fronte».

Ed è stato proprio dalla crescente disaffezione dei giovani alla politica che è partito il dialogo: se una volta esistevano i luoghi di aggregazione come i circoli di partito o le parrocchie, ha notato il professor Prodi, oggi «manca un contesto in cui, oltre alla formazione, possa avvenire anche una naturale selezione dei leader all’interno del gruppo: ora invece questa è delegata ai vertici di partito, invece che nascere da un processo di crescita comune». Una prima “tara” dunque della classe politica attuale, sempre più lontana anche da un’idea comune di Europa e interessata unicamente agli interessi nazionali: «Ne è prova il fatto che tutte le decisioni a Bruxelles ormai passano non dalla Commissione – ha osservato il professore, che l’ha presieduta – ma dal Consiglio, dove siedono i capi di Stato e di governo: e lì, inevitabilmente, ognuno porta le istanze del suo Paese. Ma si fatica a capire che, nel mondo, non c’è spazio per i singoli Stati». Del resto l’Europa, ha ricordato Prodi, sta dando prova di poter giocare un ruolo importante sullo scenario mondiale: basti pensare all’Africa, continente verso cui l’Europa è il primo donatore; o il Medio Oriente, zona calda in cui  avrebbe le potenzialità per esercitare un ruolo di mediazione più incisivo.

Numerosi i temi toccati anche nel dialogo con il pubblico: dal crescente divario tra ricchi e poveri che si sta creando anche in Italia, alla crisi occupazionale legata alle nuove tecnologie, alla finanziarizzazione dell’economia, ai movimenti antieuropeisti. Ma il nodo centrale è comunque rimasto quello del rapporto tra i giovani e l’impegno politico, stimolato anche dalla provocazione di una ragazza che ha riferito di essersi sempre trovata ostacolata dagli adulti delle istituzioni e del partito in cui si era messa in gioco. In questo senso il professore ha messo in guardia i ragazzi, pur invitandoli a non scoraggiarsi, contro le cocenti delusioni verso cui va inevitabilmente incontro chi intraprende questo percorso, perché «Diciamoci la verità: in politica si corre anche per vincere, non solo per partecipare. Ma almeno partecipare è un dovere».

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