“Cocò è in cielo con Gesù”

Poco più di una settimana fa in provincia di Cosenza veniva ucciso un bambino di 3 anni, insieme al nonno e ad una giovane straniera. Sono stati ammazzati con un colpo di pistola e poi dati alle fiamme. Un delitto efferatissimo, su cui non si può tacere e di cui ha parlato anche papa Francesco
Cocò Campolongo il bambino di Cassano ucciso dalla 'ndrangheta

50 centesimi. Tanto valevano, per i killer (e i mandanti), le vite di Nicola (da tutti chiamato affettuosamente Cocò) di 3 anni, del nonno, Giuseppe Iannicelli e della sua compagna, Ibtissam Touss. I loro corpi, anzi, i loro scheletri carbonizzati, sono stati trovati all'interno di un'auto a Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza. Le tre vittime, bambino compreso, sono stati prima raggiunti da alcuni colpi di pistola alla testa, e poi dati alle fiamme. Dopo il rogo, sul cofano dell'auto bruciata è stata messa quella moneta. Da 50 centesimi, appunto.

Tanto vale una vita umana? Tanto vale quella di un bambino innocente, quella di Cocò? Cocò, che a tre anni aveva già vissuto in carcere, insieme alla mamma. Cocò che, nonostante tutto, nelle foto sorrideva felice. Sarà stato anche lui colpito alla testa con un proiettile come si uccidono i boss? E quando hanno appiccato il fuoco all'auto, era ancora vivo? Avrà sentito dolore? Avrà chiamato la mamma? Il papà? La mamma, che è in carcere. E che dal carcere, straziata, ha chiesto di non rispondere alla violenza con altra violenza. Il papà, pure lui in carcere, ora teme per le altre due figlie, immediatamente trasferite lontano da Cassano, in una località protetta.

Cocò era affidato ad una zia. Il nonno, sorvegliato speciale, era anche cognato di un collaboratore di giustizia. E proprio lui, qualche tempo fa, aveva chiesto l'intervento dello Stato, per tutelare quel bambino folle di dolore per essere stato separato dalla sua mamma. Per qualche tempo, la donna era tornata a casa, ai domiciliari. Una decisione presa dal tribunale, su pressione della società civile, proprio per farla stare vicino ai figli. Un giorno, però, la donna, dicono le cronache, ha violato la detenzione domiciliare ed è stata rimessa in galera. Perché lo ha fatto? Perché aveva deciso – in barba ai dinieghi dei giudici – di portare i tre figli dal padre, anche lui in cella, nel carcere di Siano. Per farli riabbracciare. Un delitto imperdonabile, evidentemente, per una giustizia che talvolta non tiene conto che il Diritto non è la sola risposta ai diritti di bambini feriti che agognano, nonostante tutto, una famiglia.

Ma chi è che ha puntato la pistola alla testa di un bambino terrorizzato? La sete di vendetta che ha armato quella mano, davvero non si ferma davanti a nulla? Tra le vittime di questa strage c'è anche lo Stato. Uno Stato che non ha saputo difendere i suoi cittadini, che non è riuscito ad offrire una possibilità di salvezza a queste persone. Uno Stato e una comunità di cui siamo parte anche tutti noi.  

Abbiamo esitato a lungo a parlare di Cocò. Ma l'indignazione non può restare in silenzio. Anzi, è giusto che di Cocò e di chi è morto con lui se ne parli ancora, se ne parli tanto, affinché non si spengano le luci su questi vergognosi delitti. Affinché si faccia giustizia. In molti, a Cassano, sono scesi in piazza "per non rendere la morte – ha spiegato il vescovo Nunzio Galantino, segretario della Cei – una sorta di macigno che non lascia scampo a nessuno" e per ritrovare la voglia di rimettersi in cammino. Di continuare a sperare.

Di Cocò hanno parlato giornali e personalità varie. Durissimo l'intervento di Claudio Magris sul Corriere: "Il sangue di Nicola – come quello di Domenico Gabriele massacrato mentre giocava a calcetto, di Giuseppe di Matteo sciolto nell'acido e di molti altri bambini – è una macchia incancellabile che sfigura la faccia del mondo". Talvolta, ha concluso l'editorialista, "viene da sperare che l’inferno davvero esista e sia eterno".

Di Cocò ha parlato anche papa Francesco, domenica mattina. «Voglio rivolgere un pensiero a Cocò Campolongo, che a tre anni è stato bruciato in macchina a Cassano allo Ionio. Questo accanimento su un bambino così piccolo – ha affermato – sembra non avere precedenti nella storia della criminalità. Preghiamo con Cocò, che di sicuro ora è in cielo con Gesù per le persone che hanno fatto questo reato, perché si pentano e si convertano al Signore».

Pregare per i nemici? Per i criminali? «Dio – ha detto ancora papa Francesco – preferisce partire dalla periferia, dagli ultimi, per raggiungere tutti» e per farlo ha un metodo: «la misericordia del Padre». «Gesù ci insegna – afferma Francesco – che nessuno è escluso dalla salvezza di Dio».

 

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