Cinzia Th Torrini nella “Terra Ribelle”

Abbiamo incontrato la regista alla vigilia della messa in onda del sua fiction. Vi proponiamo la versione dell’intervista, in parte pubblicata su Città Nuova.
Cinzia Torrini
Cinzia Th Torrini è una regista italiana tra le più note, nel panorama cinematografico di casa nostra. Fiorentina, si è diplomata alla scuola del cinema di Monaco, e ha lavorato per il cinema e le televisioni italiane e tedesche. L’abbiamo incontrata dopo la presentazione alla stampa, il 14 ottobre, della fiction Terra ribelle, con Rodrigo Diaz, Fabrizio Bucci, Anna Favella e Sabrina Garciarena, che andrà in onda in sei puntate da domenica 17.

E’ una storia di ingiustizia e di ribellione, ma anche di amore e di speranza, che ha come protagonisti due giovani di fine Ottocento: il buttero Andrea e la contessina Anna; insieme dovranno sfidare le regole durissime imposte dalla società del loro tempo, quando tutto era difficile, anche affermare il proprio diritto di vivere e di lavorare, ma anche il diritto di amare.

 

Come è nata l’idea?

«Volevo raccontare la storia di una terra che non perdona chi si fregia dei suoi natali, ma che trasmettesse a tutti il coraggio di operare un cambiamento anche quando ci troviamo nelle situazioni più disperate. Penso che la storia si ripeta, e quindi raccontare il passato è un modo per capire da dove veniamo e per intuire come migliorarci. Ed è sempre la forza dell’amore a darci un’ulteriore possibilità, è credere in qualcosa di grande e lottare per ottenerlo».

 

Leggendo il soggetto mi accorgo che questa è una storia che può dare speranza soprattutto ai giovani. E’ solo un abbaglio o è proprio così?

«La fiction è un forte invito a non fermarsi mai, né davanti al già conosciuto, né di fronte a qualsiasi avversità. Questa è un po’ una caratteristica di tutti i miei lavori, è sempre presente una risoluzione, una luce finale; si passa attraverso il dramma per poi riscattarsi. Il pericolo di fermarsi alla difficoltà è reale soprattutto per i giovani, che sono i primi a dover ritrovare la fiducia nel futuro. Sono pieni di risorse ma sono anche i più fragili; a loro va dato coraggio».

 

Perchè dietro le svolte c’è sempre un dramma?

«Perchè sono la vita e la storia che ce lo insegnano. E’ nelle difficoltà che si trovano le risorse migliori dentro di noi. Basterebbe avere il coraggio di rompere certi schemi per risolvere problemi che sembrano impossibili. Una persona può avere tutto il destino avverso, ma è in quel momento di dolore che può trovare la fiducia che qualcosa di bello accadrà. Le soluzioni poi ti cadono in mano. Si può parlare di destino, si può parlare di fede, che forse dà un’interpretazione ancora più profonda a tutto quanto viviamo».

 

Terra Ribelle, pur ambientata alla fine del XIX secolo, ha forti richiami all’attualità.

«E’ vero. Pensiamo soltanto alle tante ingiustizie di ieri e di oggi, che subiscono soprattutto i più deboli e coloro che non hanno mai voce in capitolo, che devono faticare il doppio degli altri per raggiungere gli stessi traguardi. Pensiamo alla condizione della donna, che pur emancipandosi forse ancora oggi soffre della mancata piena accoglienza e fiducia da parte dell’uomo nelle sue capacità. Non dimentichiamo poi che la serie è ambientata nel periodo dell’unificazione del nostro Paese, e questo fatto rappresenta un incoraggiamento a rimanere uniti come cittadini, nel rispetto dei diritti e dei doveri, proprio ora che si celebrano i 150 anni della nostra unità. E infine c’è il senso del dolore, della fatica, del sacrificio che occorre per raggiungere un traguardo, ma anche della gioia di amare al di là di tutto. Sono valori che oggi non contano quasi più ma che nella mia fiction ho cercato di recuperare, per trasmettere un senso positivo del nostro essere al mondo oggi».

 

Dopo tanti anni, come vivi oggi il tuo lavoro?

«Vivo il mio mestiere con grande gioia perchè con la mia creatività posso dare qualcosa agli altri. Penso che ognuno di noi abbia un dono, un compito per il quale è sulla terra: dobbiamo cercare di riconoscerlo e perseguirlo. Questo mi dà una gioia pazzesca. Ma non occorre fare per forza la regista: si può fare il fornaio, l’insegnante, l’operario. Se fai bene il tuo lavoro, con onestà, dai qualcosa di bello alla società in cui vivi».

 

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