Ci siamo incontrati a Città nuova

Un appuntamento amichevole tra specialità sarde e ricordi. I retroscena della nostra redazione e di un suo decennale collaboratore
Bottarga in essiccazione

In un afosissimo martedì di luglio, quando le strade di Roma emanano una calura insopportabile, alle 12 (ahimè!), arriva anche per il vetusto collaboratore (da oltre 30 anni i poveri lettori lo incrociano) il desiderio di rincontrare la gloriosa redazione di Città Nuova. Ogni volta che si varca il portone del palazzo di via Scipioni 265, con il suo bell’ascensore stile “anni addietro”, è sempre una festa: è un saltellare di stanza in stanza per salutare ciascuno ed è immergersi nelle rubriche e negli articoli “viventi” e non più solo letti.

 

Questa volta, però, il collaboratore abbandona di buon grado gli strumenti usuali di contatto con la redazione, e-mail, fax, telefono, per armarsi di altri strumenti più consoni ad un vero incontro tra amici: pentola, forchettone, spaghetti. Il condimento è gustosamente sardo, sa di mare e di stagno. È la bottarga, quella di muggine, quella che molti chiamano l’oro di Cabras, il cui stagno è ricchissimo di questi pesci. Oro perché ne ricorda il colore, ma anche perché gli euri sborsati per acquistarla sono a peso….d’oro!

 

Una parola sul prodotto: a settembre, quando i muggini sono più pasciuti e a migliaia sciamano nelle acque degli stagni di Cabras finendo nelle reti dei pescatori, inizia la stagione della lavorazione della bottarga. Selezionati i pesci migliori con le grosse sacche di uova, vengono incisi sul ventre e quindi estratte delicatamente e con attenzione perché si conservino integre. I muggini pescati a Cabras sono considerati unanimemente i migliori in assoluto grazie alla qualità dei fondali dove si nutrono e alla purezza delle acque.

 

Torniamo in via Scipioni dove ci sono i redattori e le redattrici più avvezzi al prezioso cibo che aspettano con ansia il fumante spaghetto, quelli che con meno esperienza cercano in modo forse non proprio ortodosso di spiegare come si ricavi l’ornamento culinario, qualcuno che ipotizza una intolleranza al prodotto (le origini montanare del redattore possono giustificarlo), infine chi ha gli occhi a punto interrogativo e non sa che fare.

 

Appena una redattrice, che ha avuto la sorte di sposare un corregionale della bottarga, lancia un suono simile alla vuvuzela sudafricana (quanto ne sentiamo la mancanza!) al gradire del fumante spaghetto, gli scettici abbandonano i dubbi ed anche uno dei padri fondatori della redazione, di indubbia fede culinaria emiliana, dà la sua speciale benedizione al piatto.

 

Poi arriva l’ora di abbandonare la cucina e i redattori tornano alle loro scrivanie. Il collaboratore, soddisfatto della missione culinaria, tornerà con più lena agli articoli, alla rubrica, al web, a Città Nuova, insomma, che, pur col passare del tempo, lascia intatto quel gusto particolare, assaporato 30 anni fa, quando Guglielmo Borselli, il mitico direttore (e chi può scordarlo?) e Giuseppe Garagnani lo invitarono, giovincello combina guai, in quell’altro palazzo storico di viale Carso, sede per 37 anni di un duro ma meraviglioso lavoro, a scrivere per il giornale, con la fede di chi vede al di là dei limiti.

 

Una nota culinaria sulla bottarga

 

Le due sacche d’uova, prelevate dai pesci vengono lavate, purificate e messe sotto sale per un periodo di tempo variabile a seconda delle dimensioni. Vengono poi pressate e poste ad asciugare in apposite rastrelliere per la stagionatura con un continuo giornaliero controllo del processo per garantirne la perfetta essiccazione. Il clima di Cabras poi, caldo sia a settembre che per tutto l’autunno, permette l’essiccazione naturale delle uova, un processo che esalta il gusto della bottarga. La vera bottarga di Cabras si riconosce, oltre che per il sapido gusto salmastro e di mandorla secca, dal colore che va dall’oro all’ambra a seconda della stagionatura e dal “cappuccio” detto in sardo “su biddiu” (trad. ombelico) costituito da un breve tratto di placenta che rimane attaccato alla parte iniziale della baffa.

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