C’è la mafia a Roma?

Un terremoto giudiziario ha portato martedì all'arresto di 37 persone per reati che vanno dall'usura all'associazione di stampo mafioso. A capo dell'organizzazione, secondo gli investigatori, c'era Massimo Carminati, il "Nero" di Romanzo criminale. Oltre cento gli indagati: tra questi anche l'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Nella capitale, ha detto il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, la mafia sta stringendo rapporti importanti con la malavita locale e con la pubblica amministrazione
Mafia

La scorsa settimana alla presentazione del dossier sul riciclaggio nel Lazio curato dall’osservatorio sulla legalità dell’università Luiss, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone ha esordito dicendo: «Da quando sono arrivato mi chiedono sempre: c’è la mafia a Roma? Non lo so. Devo indagare e ci vuole un approccio valido per condurre bene queste indagini».

Il terremoto giudiziario che martedì pomeriggio ha investito la capitale con 37 arresti e oltre cento indagati la dice lunga sulla qualità delle indagini condotte dalla procura e sulla presenza delle associazioni mafiose, anche perché è uno dei capi di imputazione più ricorrente e che è piovuto come una tegola persino sull’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e su sui collaboratori.

L’onda ha travolto anche attuali consiglieri comunali del Pd, amministratori delegati delle municipalizzate e di parecchi enti pubblici che governavano i servizi ai cittadini. Coinvolto anche il presidente di una rete di cooperative che gestiva l’arrivo e la permanenza degli immigrati sul territorio capitolino. A capo di questo squadrone del malaffare gli investigatori pongono Massimo Carminati, un ex affiliato alla banda della Magliana, storica gang romana che con le sue gesta violente ha messo a ferro e fuoco la Roma degli anni ’70, con trascorsi nelle lotte armate di estrema destra.

Pignatone sempre in quella sede ha ribadito che «la cifra di Roma è la complessità perché Roma è grande e con una particolarità: qui il tassello della criminalità mafiosa sta stringendo legami importanti non solo con famiglie autoctone, ma anche con la pubblica amministrazione». Chi conosce il procuratore e lo segue da anni sa che è uomo dalle affermazioni parche e misurate, nelle sue parole ci sono piste di lavoro, indicazioni di indagine e impegno della sua squadra, «senza voci e approssimazioni». «Abbiamo risposte parziali, ma significative sulla mafia a Roma», ha continuato nel suo intervento Pignatone. E oggi su tutti i giornali si legge quanto la cupola romana avesse influenza e governasse un sistema di potere esteso.

CI sono sgomento e sorpresa per l’entità del coinvolgimento della politica e dell’imprenditoria, per la scia di denaro che ha riempito le tasche personali o quelle di associazioni collegate, eppure permane la regola antica che più volte, il nostro collaboratore da Palermo, Roberto Mazzarella, ci ripeteva: «la mafia è una questione di soldi e compra tutto. Quindi finché ci saranno persone in vendita, troverà sempre mercato». La differenza nei sistemi criminali, come nella classe dirigente e produttiva, la fanno sempre le persone perché per quanto le regole si affinino per contrastare i soprusi, come ricordava l’avvocato Giorgio Ambrosoli, «i propri interessi creeranno altre regole che li garantiscono».

La criminalità ha fatto i suoi calcoli di convenienza: far metabolizzare il malaffare alla società civile e alterare le regole del mercato diventando una voce riconosciuta della produttività nazionale per garantirsi meno scandalo e maggiore impunità perché oggi i processi, come ironicamente ha ribadito Pignatone, rischiano di diventare «trincee nel deserto dei tartari». Le leggi da sole non bastano, serve la società civile sana ed è questo il tallone d’Achille che può indebolire la criminalità e riscrivere altre regole dove non sia scandaloso lavorare al bene comune. Il procuratore capo di Roma assieme al suo sostituto Michele Prestipino incontrano spesso gli studenti e i giovani, non si negano ad incontri pubblici per estendere la rete della conoscenza e della convenienza del rispetto delle regole. L’auspicio è che la domanda più frequente, posta la procuratore diventi: «C’è legalità a Roma?».

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