Calcio: l’Italia merita di più

La dirigenza è all’altezza della nostra tradizione calcistica? Altrimenti è inutile lamentarsi di non riuscire ad attirare capitali stranieri, rinnovare stadi, investire in settori giovanili e, soprattutto, mantenere uno stile degno
stadio

“E' ingiusto che Moratti sia stato trattato così, sono molto dispiaciuto per lui: io glielo avevo detto: caccia quel filippino…" Così parlò a fine Ottobre Massimo Ferrero, istrionico presidente della Sampdoria, nei confronti del neopresidente indonesiano dell’Inter, Thohir, dopo le malinconiche dimissioni dal CDA della famiglia Moratti avvenute due settimane fa.

Al di là delle considerazioni personali in merito alla scelta dell’ex patron nerazzurro, la leggerezza di un tono pendente a metà tra il razzista ed il dispregiativo ha fatto meditare da una parte la Procura Federale della Figc, rispetto all’apertura di un fascicolo sulle dichiarazioni, dall’altra la stessa Inter, contattata prima di adire azioni legali dallo stesso presidente Ferrero, intenzionato a scusarsi.

E’ solo l’ultima di una serie di apostrofate di bassa lega: peccato che la Lega interessata sia invece la più alta, quella di Serie A, da circa un secolo emblema di un paese che tende spesso a emulare, dividersi e discutere rispetto al calcio, costituendo riferimento per uno dei maggiori giri d’affari nazionali.

Alla fine dello scorso Luglio, viste le ripetute battute dello stesso presidente blucerchiato sul fatto di essere "più grande del grande collega Aurelio De Laurentiis", il chiamato in causa numero uno del Napoli aveva risposto "Esercente non è un collega", riferendosi proprio a Ferrero. Parliamo dello stesso De Laurentiis che insultò più volte i giornalisti, in più di un’occasione, ultima delle quali ad inizio 2013, quando minacciò di “mettere le mani addosso” ad un cronista che chiedeva lumi sulle condizioni dell’attaccante Cavani.

Nello stesso caldo periodo Carlo Tavecchio, Presidente della lega Nazionale Dilettanti, aveva stupito il mondo civile con il suo “Opti Poba è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca nella Lazio”, riferendosi al calciatore durante uno sciagurato intervento a Roma all’Assemblea straordinaria della suddetta LND. Per la serie “occhio al curriculum”, l’unica conseguenza effettiva a conti fatti, dopo tentativi di scuse e chiarimenti, fu quella di vederlo ascendere al ruolo di Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, preferito in sede di elezione al più giovane, ed esemplare per comportamento e competenze, Demetrio Albertini.

"La sua elezione ha trascurato le indicazioni di calciatori, allenatori, arbitri e di una consistente parte della serie A” è tornato a commentare in proposito recentemente Andrea Agnelli, presidente della Juventus. “Una sconfitta per tanti e una vittoria per alcuni abili e disinvolti personaggi, il cui consenso nasce in un tempo lontano. Eppure io sono convinto che nel calcio italiano le forze conservatrici che al momento paiono prevalere a tutela di piccoli e grandi interessi particolari e rendite personali, non riusciranno a soffocare quanti sostengono il cambiamento".

In attesa che questa agognata speranza trovi gambe e teste per essere realizzata, non sappiamo se sia il ruolo degli uomini di potere o la megalomania dettata dal denaro a comportare certe descritte prepotenze o cadute di stile. Può accadere a tutti, basterebbe scusarsi e ricominciare con maggiore sensibilità, ma è davvero solo una mera questione di stile?

Probabilmente non solo: quando chi dirige ai massimi livelli assume atteggiamenti così poco prudenti e rispettosi, è impossibile aspettarsi comportamenti tanto più virtuosi da addetti ai lavori di rango inferiore, tifosi e interessati. In altri termini, se questa è la dirigenza, per il calcio italiano il livello non può che essere deficitario rispetto a quello di paesi come Germania, Inghilterra e Spagna, capaci di attirare capitali stranieri, rinnovare stadi, investire in settori giovanili e, soprattutto, mantenere ben altro stile nei confronti di avversari e addetti ai lavori. Se non per i valori dello sport, che pretendono ben altro stile, si adottino atteggiamenti più degni di una leadership quanto meno per la tradizione calcistica che ha reso celebre il paese anche in questo campo: l’Italia merita di più.

Mario Agostino

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