Butterfly zone, il senso della farfalla

Un viaggio dantesco nell'oltretomba tra l’onirico, il fantasioso, il filosofico-morale e l’horror.
Butterflyzone
I due amici, Vladimiro e Amilcare – il primo complessato, il secondo avventuroso -, grazie ad un vino magico si inoltrano nella dimensione oltre la morte. E’ il fisico prof. Chenier (Francesco Salvi), padre di Vladimiro (Pietro Ragusa) ad aver inventato questa bevanda che, a chiunque la provi (e sono vari i personaggi che lo fanno) dà il potere di visitare l’oltretomba. Così i due amici, in particolare il cocciuto Amilcare (Francesco Martino) si incontrano con morti e morti-vivi in una serie di avventure tra l’onirico, il fantasioso, il filosofico-morale e l’horror.

 

L’opera prima di Luciano Capponi è una sorta di viaggio dantesco, senza tuttavia le chiarezze morali del poeta, ma offre un caleidoscopio di immagini, sensazioni, e massime che denotano una sostanziale ricerca della verità. Girato nel Viterbese, tra suggestive immagini di luoghi e di tempi diurni e soprattutto notturni, il film, per quanto zeppo di argomenti, dialoghi e situazioni, si rivela un tentativo, che vuol essere originale, di fare “un nuovo cinema”.

 

La contaminazione fra i generi, l’approccio tra l’intellettuale e l’immaginario, si snodano in un interscambio continuo che richiede allo spettatore la capacità di sorprendersi continuamente. Il che non è poco. Anche se ci permettiamo di consigliare al regista, nell’opera seconda, una maggior linearità di sceneggiatura e di sintesi. E, perché no?, una maggiore chiarezza.

 

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