Brevi solidarietà

UNIVERSITARI Una biblioteca per l’angola Il progetto nasce da un approfondito studio della difficile situazione del settore universitario nel Paese, che a quattro anni dalla fine della guerra civile sta lentamente riprendendo la via della pacificazione e della normalità ad opera dell’associazione culturale Nsanda, costituita da una trentina di studenti e ricercatori angolani presenti in Italia. La costituzione di una biblioteca nazionale universitaria pare un concreto contributo alla fame di sapere del suo Paese. Offrire almeno uno spazio attrezzato per lo studio e la ricerca, con materiale bibliografico di qualità ed aggiornato, anche se per ora limitato ad alcune aree specifiche individuate come prioritarie: medicina, scienze giuridiche, economia, scienze dell’educazione, architettura, scienza della comunicazione. L’Angola dispone infatti di un unico polo universitario pubblico, l’Università Agostinho Neto, e tanti giovani capaci vorrebbero proseguire negli studi, ma non ne hanno i mezzi. Il progetto della biblioteca si rivolge, dunque, agli studenti dell’Università pubblica, che sì, ha una biblioteca, ma gli scaffali contengono più polvere che libri. Siamo agli inizi – nota Domingos Das Neves, uno dei promotori del progetto -. Stiamo cercando di convincere lo Stato angolano a metterci a disposizione dei locali. La nostra intenzione è gestire in modo autonomo l’iniziativa, con una stretta collaborazione tra noi angolani della diaspora e i giovani angolani che vivono nel nostro Paese e con cui siamo in contatto. Vogliamo responsabilizzarci ed evitare forme note (e dunque sempre possibili) di corruzione. Ognuno nel suo piccolo può contribuire, perché il fiume è formato di ogni singola goccia d’acqua. Per informazioni: Nsanda_org@hotmail.com. MALATI MENTALI Gli ultimi in Costa d’Avorio Disagio mentale in Africa: concezioni e cure tra religione e scienza. Questo il titolo di una conferenza tenutasi nel giugno scorso a Roma. Protagonista dell’incontro Gregoire Ahongbonon, un cinquantenne originario del Benin, ex meccanico ed ora fondatore e gestore di nove centri di cura per malati mentali, sparsi tra Costa d’Avorio e Benin. L’eccezionalità di Gregoire è comprensibile solo partendo dal contesto africano in cui vive e lavora, dal significato che la malattia mentale prende al suo interno e, in primo luogo, dalle condizioni di vita dei malati o presunti tali. Più delle parole valgono le immagini e Gregoire mostra impressionanti fotografie di uomini, donne e bambini nudi, sporchi, tenuti incatenati ai margini del villaggio, costretti sotto il sole cocente a nutrirsi degli avanzi che vengono loro gettati. Molte patologie mentali, come la schizofrenia e l’epilessia, vengono infatti considerate dalle culture locali come possessioni malefiche. Come spiega Gregoire, nell’esiliare i matti tutte le differenti culture della Costa d’Avorio vanno miracolosamente d’accordo.Davvero straordinaria è invece la risposta che lui dà, rompendo letteralmente le catene che imprigionano i malati e facendosi garante di fronte all’autorità del villaggio della loro riabilitazione. Se ne prende cura per un periodo e poi, appena possibile, li reinserisce nelle loro famiglie. Un Basaglia nero, come è stato definito da uno psichiatra durante il convegno. Ma un Basaglia che, ignaro di tutto quanto si è raggiunto in campo scientifico per la cura della malattia mentale, fa leva su una semplice frase del vangelo: Fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te. Una visione purificata da pregiudizi e da paure, capace di tradursi in un atto concreto e potente, così innovativo da essere rivoluzionario.

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