Benigni. Come ti nobilito un festival

Il comico toscano ha dato una lezione di civiltà coraggiosa riannodando valori, personaggi, radici divertendoci e facendoci pensare    
Roberto Benigni

Che Benigni fosse un grande non l’abbiamo certo scoperto ieri sera. Semmai abbiamo avuto l’ennesima conferma che, quando il comico toscano è in stato di grazia, sa davvero regalarci grandi emozioni e spunti di riflessione profondissimi. Fino a nobilitare contesti dai profili notoriamente bassini.

 

Ma il Robertone d’Italia è un grande soprattutto perché ha una capacità davvero unica di coniugare e di “saldare” la cultura alta col basso, per una volta tutt’altro che dispregiativo, del sentire popolare, a prescindere che tratti della Divina Commedia dantesca, o di tutt’altre, decisamente più umane; o fin’anche, come è appunto accaduto ieri sera a Sanremo, si cimenta con l’esegesi del nostro inno nazionale.

 

Si sa, il testo di Fratelli d’Italia non è mai stato considerato un capolavoro, ridondante com’è di retoriche e appesantito, come gran parte delle opere risorgimentali, dalle muffe del Tempo. Ma il Nostro ha saputo trasformarlo in un geniale pretesto per ribadire a tutti noi valori sempiterni e mai come oggi urgenti: il senso di fraternità innanzi tutto, che ci unisce (o ci dovrebbe unire) a prescindere dai valori, dalle ideologie e dai convincimenti di ciascuno. Ciò che Benigni ha saputo “estrarre” dal testo di Goffredo Mameli è soprattutto una lezione di civiltà ancor prima che di Storia, tanto più preziosa e coraggiosa in tempi di derive come questi; e poi l’orgoglio d’appartenere a una famiglia umana (piena di difetti, come tutte le famiglie ovviamente, ma non per questo meno nostra).

 

Un analisi rigorosa, che poco ha concesso agli sberleffi per privilegiare la sostanza. Un’impresa possibile solo grazie allo straordinario bagaglio culturale dell’artista toscano, al suo talento immaginifico ed affabulatorio. Benigni ha spaziato attraverso secoli di Storia, riannodando radici che i più nemmeno sospettavano, ridando vita e passioni a personaggi fino a ieri ridotti a barbosissime voci enciclopediche  sottolineando relazioni ed intrecci con l’intensità di un poeta e la sapienza di un premio Nobel. E tutto questo popò di roba lui ha saputo esumarla da sotto le righe di un testo, come dicevamo, tutt’altro che memorabile: poco più di un dettaglio (per quanto chiacchieratissimo) della nostra Storia. Ma si sa che sono proprio questi, i dettagli, a costruire la realtà e la verità delle cose, a patto di maneggiarli, e saperli leggere, con le dovute attenzioni. Benigni ieri ha saputo essere, ancora una volta, un grande divulgatore, anche se come tutti i più grandi specialisti, ha saputo farlo indossando i panni, molto più attraenti per le masse, dell’entertainer.

 

 Da qui un trionfo di consensi plebiscitari e bipartisan di cui il Bel Paese aveva un gran bisogno. Tutti, ne avevamo bisogno: i dodici milioni che l’hanno seguito, e anche quelli che ieri sera erano in tutt’altre faccende affaccendati. Tocca ringraziarlo dunque (a prescindere dal cachet), ma soprattutto far tesoro di quanto ci ha offerto: ché a farci divertire son capaci in tanti, ma a farlo facendoci pensare – se non addirittura a riflettere su noi stessi – è una benedizione che non ha prezzo.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons