Benedetto XVI in Terra Santa

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Un ponte di pace. Una Via Crucis per Ratzinger . Due frasi che presentano la prossima visita di Benedetto XVI in Terra Santa. Coniate dal sito ufficiale del ministero del Turismo di Israele, sono sintomatiche di un viaggio tutt’altro che facile. Da una parte, c’è la speranza di tutti: il papa che porta il ramoscello d’ulivo della pace a popoli da decenni alla ricerca di soluzioni di convivenza che a molti ormai paiono essere senza futuro. Per il governo israeliano il viaggio, ed in particolare la visita a Yad Vashem, il Memoriale delle vittime della Shoa, è un’altra espressione della solidarietà con il popolo ebraico ed il riconoscimento degli orrori dell’Olocausto . Tuttavia, riconosce una voce autorevole in campo ebraico, questa visita offre l’occasione ideale per metter a tacere tutti coloro che avrebbero ancora qualcosa da dire su controversie recenti, non ancora sopite in molti animi. Da parte palestinese, sia musulmana che cristiana, non mancano punti interrogativi scottanti: perché un viaggio in Terra Santa dopo Gaza? Perché arrivare in aereo a Tel Aviv, invece di passare il Giordano sul ponte di Gerico? Sarebbe stato, agli occhi di molti, il momento giusto per un gesto simbolico. Uno spostamento via terra avrebbe espresso solidarietà con le migliaia di palestinesi che ogni giorno devono attraversare il muro, posti di blocco e punti di controllo. Benedetto XVI camminerà, inoltre, all’ombra di Giovanni Paolo II e del suo storico viaggio del 2000. L’impressione suscitata fu enorme: indimenticabile un Wojtyla, ormai debole e malato, che infila, fra le fessure del Muro del pianto, il foglio con la richiesta di perdono per le colpe commesse contro il popolo ebraico. Le sfide, dunque, sono tante e a tutto campo. Eppure, non possiamo dimenticarci che papa Ratzinger ci ha abituato a grandi sorprese in occasione dei suoi viaggi. Basti ricordare Istanbul, pochi mesi dopo Ratisbona. Ma questa volta è diverso. Ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo sarà vagliato, studiato ed interpretato. In quella regione del mondo ciò che può essere apertura verso una parte suona come condanna all’altra ed ogni speranza data agli uni può essere intesa come chiusura per gli altri. Tra i tanti dubbi resta una certezza: il coraggio di papa Ratzinger. Nessuno lo può negare, da qualsiasi parte stia. Per costruire la pace ci vuole coraggio e la strada non può non essere una Via Crucis

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