Banche, servono conti in regola

Il governatore della Bce taglia i tassi di interesse per rilanciare l'economia, ma è indispensabile che gli istituti di credito risanino i bilanci, riducano i costi e facciano a meno degli aiuti statali
Mario Draghi

Ancora una volta ha agito Mario Draghi, governatore della Banca centrale europea. Per la terza volta da quando ha preso le redini della Bce, ha deciso di tagliare ("momentaneamente") dello 0,25 i tassi di interesse portandoli fino allo 0,75 e di azzerare il tasso sui depositi. Due operazioni che dovrebbero spingere le banche ad investire di più nell'economia reale: vale a dire a dare credito (e soldi) alle imprese che hanno bisogno di liquidità e, nel contempo, potrebbe comportare anche un risparmio per chi è alle prese con i mutui. L'intervento di Draghi, tuttavia, non basta da solo a cambiare le cose: deve essere ovviamente affiancato da una sterzata decisa degli istituti di credito verso il risanamento dei propri bilanci.

Del resto, nonostante tutti gli sforzi finora compiuti da tante parti per far fronte alla crisi finanziaria che sta tenendo sotto scacco l’economia mondiale, poco o niente sembra essere cambiato. Quasi come se le difficoltà finora vissute non avessero insegnato nulla, in particolare alle banche. Lo afferma, nell’ottantaduesima relazione annuale (2011/12), la Bri, la Banca dei regolamenti internazionali (nella foto in basso), la cosiddetta “banca delle banche centrali”. Fondata nel 1930 a Basilea, riunisce le principali banche centrali mondiali, compresa la Bce.

Dopo un inizio 2012 in positivo, con segni di vigore che facevano ben sperare, si sta invece ripetendo quando accaduto nel 2011: gli Stati economicamente più avanzati, tartassati dalla speculazione, faticano a resistere agli attacchi esterni, anche a causa dell’elevato tasso di indebitamento, e questo si traduce in maggiori pressioni anche per le economie emergenti o in via di sviluppo. E mentre i governi politici affrontano con lentezza e difficoltà la crisi, per sostenerne l’economia sono intervenute in molti casi e in maniera decisa le banche centrali, attribuendosi un compito e delle responsabilità che non potranno garantire all’infinito. Ecco perché, nel report 2011/2012, la Bri indica i passi da compiere per rafforzare gli Stati maggiormente esposti ai rischi speculativi: dal riformare il settore pubblico al rimuovere gli ostacoli alla crescita.

Soffermandosi in particolare sul settore bancario, la Banca dei regolamenti individua le sfide principali che gli istituti di credito dovranno affrontare.

1) Innanzi tutto dovranno risanare i bilanci, riconoscendo le perdite senza occultarle con utili improbabili o irrecuperabili, effettuando anche svalutazioni e rimpolpando il capitale.

2) Per resistere alle speculazioni, gli Stati dovranno riequilibrare le finanze pubbliche, un risanamento urgente, che avrà effetti positivi anche sul sistema bancario.

3) A lungo termine, si dovrà ridurre drasticamente, se non proprio eliminare, il sostegno dei governi alle banche, che dovranno inoltre aumentare il capitale proprio, evitando un eccessivo ricorso alla leva finanziaria.

4) Infine, si dovranno ridurre i costi, con tagli da spalmare su più anni, in modo da ottenere un’efficace ripresa.

A ben guardare, l’allarme lanciato dalla Bri e i suoi consigli principali erano contenuti anche nel discorso conclusivo del governatore della Banca d’Italia, pronunciato a fine maggio dopo la presentazione della relazione annuale. Ignazio Visco si soffermava sui passi necessari all’Italia per uscire dalla crisi. Cosa serve? Conti pubblici in ordine, tagli agli sprechi, la fine della recessione, un sistema bancario solido ed efficiente e un apparato produttivo che sappia e possa innovare, competere e crescere, anche grazie ad una riduzione dell’attuale pressione fiscale.

Dal prossimo anno entreranno in vigore le nuove e più rigorose regole elaborate dal Financial Stability Board e dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria al fine di contenere i rischi determinati dalle crisi finanziarie. Si stabiliscono livelli di capitale più ampi, tali da rafforzare la stabilità delle banche e la loro capacità di erogare credito anche nei momenti di crisi.

Le regole, sottolinea tuttavia Visco, da sole non bastano. Serve impegno da parte di tutti e lo dimostra anche l’attuale precaria situazione del Monte dei Paschi di Siena. Dopo che è stato tolto il velo sulla situazione finanziaria dell’istituto di credito senese e su numerose scelte sbagliate compiute dalla dirigenza, è ora stato progettato un piano di risanamento che prevede la riduzione di 400 sedi e il taglio, in questa prima fase, di 1.200 impiegati. Un costo sociale durissimo, che una amministrazione più efficace, prudente ed efficiente, avrebbe potuto evitare.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons