Auguri non generici

Accettare le tante sfide che il mondo oggi ci pone è una delle piste battute dall'educare. La lezione di un professore
AP scuola in palestina

Auguri: quando li offro ad un altro, punto il desiderio del mio cuore sul suo bene, sulla sua felicità e realizzazione, chiedendola ed aspettandomela quasi a strapparla dalle circostanze, dal cielo, da Dio stesso.

Ho avuto l’occasione di rispondere a tanti auguri rivoltimi da studenti, colleghi, amici e di ripetere loro la parola simpatica e benevola: ‘Auguri’ che non ci si stanca mai di dire e di ascoltare.

 

Sono auguri offerti quasi come un’ancora di salvezza lanciata nella tempesta della società attuale, scossa da tensioni sociali, inquietudini, malessere, insicurezza, crisi di panico, chiusure, arroccamenti, parzialità.

E’ stato un bambino, nato in un alloggio di fortuna, una delle tante baraccopoli del tempo, come un accampamento rom o un riparo per pastori nomadi o per ricercati dalla giustizia, un bambino sconosciuto ai più, a permetterci di poterci dire oggi ‘Auguri’.

 

Perché gli auguri dato a Natale non sono generici: è stato per Lui, nato, vissuto e morto per adempiere la volontà di un Padre celeste, che questi auguri trovano significato: per lui ogni lotta di liberazione dall’oppressione della mafia della camorra e del malaffare, dal piegare la testa e seguire l’andazzo, dallo sfruttamento politico ed economico, dal guadagno facile, dall’illegalità, dalla paura della morte fisica e sociale, trovano significato e infondono alla vita nuova linfa, alla dignità e al coraggio di vivere la forza di testimoniare, di riproporre la certezza che cambiare e cambiare in meglio è possibile.

 

Occorre però, come fanno diversi seguaci di quel Bambino nel nostro tempo, il coraggio di accettare nuovamente, andando oltre il freddo e il gelo, l’essere rifiutati e allontanati dalla città, il mettere in pericolo la propria vita, di nascere lo stesso. Auguri con questa speranza!

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