Attenzione al cemento illegale

Il dossier di Legambiente punta il dito su un giro d'affari in mano alle mafie che favorisce abusivismo e costruzioni selvagge, mentre si ridefinisce un piano nazionale di salvaguardia del territorio
Legambiente Liguria

Il ciclo del cemento è storicamente uno dei settori prediletti dalle mafie, potendo contare da sempre su un ben collaudato sistema di connivenze e complicità. Se all’inizio i clan muovevano le loro betoniere principalmente al Sud, da qualche decennio sono ben strutturati ovunque sul territorio nazionale. La pressione esercitata dal cemento illegale s’inserisce, poi, in un contesto caratterizzato, già di per sé, da due criticità tipiche del Bel Paese: le costruzioni realizzate in aree estremamente fragili dal punto di vista idrogeologico e un consumo del territorio che procede a ritmi serratissimi. Questo, in estrema sintesi, il quadro descritto da Legambiente nel suo dossier “Cemento Spa”.
 
A muovere il tutto, un vorticoso giro d’affari legale e illecito, collegato alla corruzione e all’abusivismo. Buona parte dei 60 miliardi di euro “fatturati” ogni anno nel nostro Paese dalla corruzione, secondo le stime della Corte dei Conti, è riconducibile al sistema degli appalti pubblici e alla “valorizzazione” immobiliare del territorio. Il mattone illegale ha fatturato, solo nel 2010, secondo i dati elaborati da Legambiente, almeno 1,8 miliardi di euro. Nel nostro Paese l’abusivismo edilizio è una vera e propria piaga: 26.500 gli abusi censiti dal Cresme nel 2010, ultimo dato disponibile, di cui 18 mila nuove costruzioni.
 
Ma non finisce qui. Il ciclo illegale del cemento raggiunge, in assoluto, i valori più elevati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, ovvero Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Lazio, ma è al Nord che registra numeri incredibili. Negli ultimi cinque anni in Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lombardia, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta le forze dell’ordine hanno accertato ben 7.139 reati, quasi quattro al giorno. Le persone denunciate nello stesso periodo sono state 9.476, più di cinque al giorno. I sequestri sono stati 1.198, mentre le persone arrestate solamente nove. È un dato che deve far riflettere: nonostante la gravità delle condotte illegali riconducibili a questa filiera (dalle costruzioni abusive alle cave illegali, dalle violazioni in materia urbanistica a quelle relative alla tutela del paesaggio), l’attuale sistema sanzionatorio è sostanzialmente privo di efficaci strumenti di repressione. Le ordinanze di custodia cautelare scattano per altre tipologie di reati (come l’associazione a delinquere, anche di stampo mafioso, la corruzione, la truffa, magari connessi a speculazioni edilizie o appalti pubblici) ma la materia prima della Cemento spa, ovvero il territorio e le risorse ambientali da saccheggiare, è sostanzialmente priva di tutela.
 
«I numeri di questo dossier parlano chiaro: l’intreccio tra illegalità, corruzione e mafie nel ciclo del cemento rappresenta un’autentica minaccia per l’economia e l’ambiente dell’Italia. Dopo aver saccheggiato e impoverito il Mezzogiorno, i clan stanno sempre di più trasferendo il loro sistema d’imprenditoria criminale nel resto del Paese, sfruttando disattenzioni, sottovalutazioni del problema, vere e proprie complicità. C’è bisogno di una reazione forte e immediata da parte di tutti: dalle istituzioni a chi ha responsabilità politiche, dalle imprese ai cittadini», ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile Osservatorio ambiente e legalità Legambiente.
 
Lo scenario che emerge, quindi, richiede un’immediata assunzione di responsabilità e una profonda riconversione all’insegna della legalità, della trasparenza e della sostenibilità, ambientale ed energetica. Legambiente rilancia, perciò, tre proposte specifiche per combattere gli illeciti, su cui, in questi anni, è forte l’impegno anche con Libera, l’associazione contro tutte le mafie:

  • l’approvazione da parte del Parlamento di un vero ed efficace sistema sanzionatorio contro la corruzione, a cominciare dalla ratifica della convenzione di Strasburgo del 1999 che prevede l’introduzione nel nostro codice di delitti come il traffico di influenze illecite, la corruzione tra privati, l’autoriciclaggio;
  • l’introduzione nel Codice penale di quei delitti contro l’ambiente, sollecitati dalla direttiva 2008/99/Ce, che rappresentano uno strumento indispensabile contro i fenomeni di aggressione illegale al territorio e alle risorse naturali;
  • la definizione di un vero e proprio Piano nazionale di lotta all’abusivismo edilizio, che individui di concerto con le regioni e gli enti locali tutti gli strumenti utili (dal controllo del territorio agli abbattimenti di immobili costruiti illegalmente) per stroncare una piaga che affligge ormai da troppo tempo il nostro Paese.

       
 

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