Addio Graziella. Con Chiara Lubich pioniera dei Focolari

È morta a 92 anni, Graziella De Luca, una delle prime compagne di Chiara Lubich. Era nata il 21 marzo, il giorno della primavera, di cui aveva la freschezza e l’energia. La ricordiamo con un inedito, un’intervista rilasciata qualche anno fa a “Città Nuova”. I funerali si svolgeranno l'11 maggio, alle ore 15, al Centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Roma)
Graziella De Luca

Il 25 giugno 2009 mi sono intrattenuto con Marco Tecilla, il primo focolarino, e con alcune delle prime compagne di Chiara Lubich: Graziella De Luca, Bruna Tomasi, Vale Ronchetti, Dori Zamboni e Silvana Veronesi. Argomento della conversazione: l’estate trascorsa a Tonadico di Primiero nel 1949, un periodo noto come “Paradiso ’49” per le particolari grazie mistiche vissute dalla fondatrice dei Focolari, e subito da lei comunicate ai suoi. Dall’intervista fatta sono qui riportate le risposte di Graziella De Luca.

Era il mese di luglio quando Chiara è partita da Roma per un periodo di riposo con alcune di voi. Tu eri presente quella volta?
«Il 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo, lo stesso giorno in cui a Tonadico iniziò il periodo noto come “Paradiso”, io ero a Roma per assistere mio padre morente. Ammalato di cancro, era venuto dalla Sicilia, assieme a mia madre, per tentare di curarsi. Appena lasciato mio padre, partii anch’io per raggiungere le altre. Chiara commentò: “Si vede che, per una grazia così insigne come quella che stiamo sperimentando, occorreva qualcuno che pagasse un così alto prezzo”».

Quindi inizialmente con Chiara c’erano solo alcune di voi, sue prime compagne; altre poi se ne aggiungevano nella baita di montagna che vi ospitava….
«Sì, ogni tanto arrivava qualcuna, quando si liberava dal lavoro. Ricordo che dormivamo nel fienile di sopra: c’erano dodici brandine».

L’esperienza di vedere in quei giorni la natura dolomitica come illuminata da un “sole spirituale”, Chiara l’ha fatta arrivando a Tonadico o era distesa su tutto l’arco del vostro soggiorno?
«È stata all’inizio. Tutta la natura in quei giorni sembrava partecipare alla realtà così straordinaria nella quale ci trovavamo immerse, pur nella semplicità di vita che caratterizzava le nostre giornate: messa la mattina nella chiesetta parrocchiale del paese, faccende domestiche, gite in montagna, visita pomeridiana nella stessa chiesa per il rosario e la meditazione… Nella natura Chiara aveva visto il timbro della Trinità, e cercava di spiegarcelo facendo qualche esempio: la materia creata portava l’impronta del Padre, la legge che l’informava quella del Verbo, la vita invece rinviava allo Spirito santo. E noi si “viaggiava” in queste realtà».

Sempre tutte insieme?
«Sempre! Eravamo come un’anima sola. Difatti Chiara chiamava “Anima” questa realtà che si era composta tra noi, divenute partecipi con lei delle grazie di luce ricevute ad ogni nuova meditazione. Ogni giorno avevano nuove scoperte, nuove illuminazioni, divenute a un certo punto così incalzanti che lei non riusciva più a reggerle per l’emozione che le procuravano. Scoperte che, appena comunicate, noi cercavamo di vivere. Ricordo che poi diceva: “L’Anima oggi ha fatto la tal esperienza…”».

Fra voi facevate qualche commento circa le cose che Chiara vi diceva?
«Avevamo da fare chi una cosa, chi l’altra: le normali faccende quotidiane. Non c’era tempo e neppure ci ragionavamo su. Ci bastava viverle. Sapevamo che eravamo dentro quest’Anima, e si andava avanti».

Man mano che si susseguivano queste realtà paradisiache, Chiara non parlava mai del ritorno – dopo quella vacanza – alla vita normale di sempre?
«Ne parlò solo l’ultimo giorno con Igino Giordani, che la convinse a tornare a Roma, dove nell’umanità sofferente avrebbe ravvisato colui che aveva scelto come unico sposo: Gesù abbandonato. A Chiara, infatti, costava lasciare quel “Paradiso” che era la nostra vita. Importante è sapere che in quel periodo noi vivevamo tre “comunioni”: quella con Gesù Eucaristia, quella col fratello da amare e quella con la Parola. E l’ultima Parola su cui eravamo concentrate si riferiva proprio a Gesù abbandonato. In quel periodo Egli, espressione più alta dell’amore, riassumeva in sé tutto il Vangelo. A quel punto è arrivato tra noi Giordani, che aveva il dono particolarissimo di “capire” quello che Chiara andava comprendendo, capire il “disegno” di lei. Era uno con Chiara. Per noi era sempre una gioia la sua presenza».

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