“Abbiamo toccato il Risorto”

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La chiesa è viva – essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente risorto… in tutti questi giorni abbiamo potuto, in un senso profondo, toccare il Risorto. Con queste parole, che riecheggiano l’antico e sempre nuovo annuncio da cui si sprigiona la fede cristiana, Benedetto XVI ha dato inizio al suo ministero di vescovo di Roma e pastore della chiesa universale. Con queste parole, cariche d’emozione e accolte con sincero entusiasmo dai partecipanti, vicini e lontani, al solenne rito d’inizio del pontificato, egli ha dato voce all’esperienza da tutti noi vissuta in questi indimenticabili giorni: i giorni della morte e delle esequie di Giovanni Paolo II, in cui l’intera famiglia umana si è ritrovata una ai piedi della croce, e quelli del brevissimo conclave in cui lo Spirito di Gesù risorto, effuso senza misura a Pentecoste, ci ha fatto dono del nuovo papa. Sì, abbiamo toccato il Risorto. Ed è per questo, ci sembra, che le prime parole e i primi gesti del nuovo papa, quasi eco dei sentimenti e delle attese non solo dei credenti in Cristo ma di tutti gli uomini, irradiano gioia, speranza, unità. Se al momento dell’elezione di Giovanni Paolo II – il papa venuto da lontano e dai più sconosciuto – ci avevano ben presto stupito la sua forza e il suo carisma, così, dopo l’elezione di Benedetto XVI – il teologo rinomato e il cardinale forse più noto nel mondo per il suo arduo ufficio di custode della fede – ci sorprendono lo slancio e l’amore con cui ha accolto dalle mani di Dio il compito inaudito cui è stato chiamato. Il mio vero programma di governo – egli ha detto – è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanto la chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la chiesa in quest’ora della nostra storia. Questa, dunque, la disposizione d’animo con cui Benedetto XVI inizia il suo ministero. E alla luce di essa vanno letti gli accenti ch’egli ha voluto sottolineare nel suo primo messaggio rivolto non solo ai cardinali, ma ai fratelli e alle sorelle in Cristo e agli uomini tutti di buona volontà. Innanzi tutto l’invito, nella fede della presenza viva e reale di Cristo in mezzo a noi, a prendere il largo nel mare della storia recando nelle mani il Vangelo, applicato al mondo attuale attraverso l’autorevole rilettura del Concilio Vaticano II. Di qui l’impegno primario di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Perché il segno dell’unità è il primo e decisivo segno della verità e dell’amore di Dio con cui i discepoli di Gesù sono chiamati a illuminare il mondo. Noi esistiamo – ha sottolineato il papa – per mostrare Dio agli uomini. E solo là dove si vede Dio, comincia veramente la vita. Riecheggiando le parole di uno dei primi e più grandi Padri della chiesa, Ireneo di Lione, da lui tanto amato, Benedetto XVI ci ricorda così che il Vangelo è per la gioia e la libertà dell’uomo, segno di speranza offerto al mondo per ritrovare nel deserto della povertà, della fame e della sete, dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto, dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo , la via della vita nell’amicizia con Dio. È davvero bello questo ripetuto invito del papa all’amicizia che trae alimento dall’annuncio di Gesù: non vi chiamo più servi, ma amici, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). Sembra quasi d’intuire che sarà questa la chiave del pontificato di Benedetto XVI: riscoprire e condividere con tutti, come un’onda che si espande, l’esperienza dell’amicizia con Cristo che introduce nell’amicizia piena con Dio e nell’amicizia vera tra noi. È da questo dono d’amicizia che nasce, nella vita della chiesa, il dono della comunione e l’impegno a proseguire, nella sua missione, la via del dialogo con i seguaci delle religioni, con le diverse civiltà, con coloro che cercano una risposta alle domande fondamentali dell’esistenza. Le difficoltà, certo, oggi come sempre non mancano. Ma il Dio che è diventato agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso (…) ed è redento dalla pazienza di Dio. Il nuovo papa conta su di noi. Se tutti noi siamo portati da Cristo – ha ricordato – allo stesso tempo Cristo c’invita a portarci l’un l’altro. L’invocazione costante, nei suoi primi interventi, dell’intercessione di Maria e dei santi, i grandi nomi della storia di Dio con gli uomini, e l’umile richiesta di preghiera e collaborazione rivolta a noi tutti, c’invitano a guardare alla chiesa e all’umanità con uno sguardo nuovo: come a quell’unica grande famiglia cui Dio non fa mai mancare i doni della sua grazia. Anche noi, testimoni di questa grazia e traboccanti di gratitudine, rispondiamo con gioia e rinnovato slancio a quest’invito.

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