A volte fanno flop…

Successo inaspettato e significativo della battaglia contro l’uso indiscriminato ed avvilente del corpo nella pubblicità
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Sembrava una di quelle battaglie perse in partenza. Il binomio donna – prodotto commerciale (o ancor più donna avvenente con pochi abiti), sembrava aumentare le vendite. Campagne a difesa della dignità femminile, per protestare sull’uso della donna come merce, un oggetto senza quasi alcun valore, erano subito bollate come moraliste e respinte al mittente.

 

Eppure, a furia di lanciare missili di indignazione, apparentemente troppo piccoli, contro le Portaerei del Mercato, una falla si è aperta. Una notissima azienda di telefonia, in questo caso mobile, che ha abbondato con la presenza di una delle donne più ammirate dagli italiani e all’apice del successo, in compagnia di comici anch’essi di moda, segnala che «molti dei clienti storici, in particolare le famiglie, non hanno gradito la scelta della showgirl in qualità di testimonial. E ciò si è tradotto in fuoriuscite di clienti verso operatori concorrenti». Così si legge nei giornali.

 

Ovviamente non vogliamo entrare nel circuito vizioso del mors tua vita mea, non ci interessa un successo commerciale pudico, rispetto ad un insuccesso commerciale “peccaminoso”. Ci interesserebbe invece anche nella pubblicità passare dal concetto di individuo a quello di persona, da anonimo portatore di interessi a manifesto portatore di relazioni. Insomma, anche reclamizzando un prodotto, vorremmo stabilire rapporti comunicando qualcosa utile al bene di tutti.

 

Non ce ne voglia la nota azienda telefonica, ma forse potrebbe rinnovare, naturalmente a sue spese, quel suo antico spot: «…ma quanto mi costi!».

 

A tutti coloro che pensano che questa sia una battaglia seria: continuiamo a lanciare piccoli missili di indignazione contro tutti gli usi maldestri della dignità della persona, di qualunque età, sesso e condizione.

 

Paolo De Maina

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