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L’impegno politico di Pier Giorgio Frassati

a cura di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

La storia un giovane sempre pronto ad esporsi e a prendere parte nella tumultuosa Torino degli anni Venti del secolo scorso. La scelta cristiana come apertura integrale al mondo nell’intervista a Luca Rolandi

Foto archivio fotografico – Spazio Espositivo Verso L’Altro Pier Giorgio Frassati – Torino

Il dialogo intervista con Luca Rolandi permette di approfondire la conoscenza di Pier Giorgio Frassati, che sarà proclamato santo il prossimo 7 settembre 2025,  collocando la vita di questo giovane torinese nel contesto degli anni Venti del secolo scorso, in una città attraversata da una rapida industrializzazione con il ruolo centrale della Fiat beneficiaria di grandi commesse belliche, la nascita di un forte movimento operaio e la presenza di una radicata borghesia liberale divisa tra adesione al fascismo e resistenza civile al regime dittatoriale.

Pier Giorgio scherza con gli amici Foto archivio fotografico – Spazio Espositivo Verso L’Altro Pier Giorgio Frassati – Torino

Come ha vissuto Pier Giorgio quel periodo di cui sono più note le vicende di Antonio Gramsci e Piero Gobetti? Ne abbiamo parlato in questa intervista a Luca Rolandi, giornalista professionista, che quale componente del Comitato scientifico della Fondazione Carlo Donat-Cattin oltre che consigliere di amministrazione della Fondazione Fuci (Federazione universitari cattolici italiani), ha avuto largo accesso alle fonti storiche originali per scrivere il testo “Pier Giorgio e la politica”, pubblicato dalle Edizioni Studium. Già nel titolo, il libro affronta la questione, di solito rimossa perché “divisiva”, della “politica” come luogo centrale di una scelta cristiana autentica.

In che contesto familiare e sociale è cresciuto Pier Giorgio Frassati?
La sua è stata una vita intensa ma molto breve. Nato nel 1901 è  morto improvvisamente il 4 luglio 1925, a causa di una meningite fulminante. Un giovane cresciuto in un ambiente familiare alto-borghese a Torino, nel quartiere benestante della Crocetta, in una città in forte espansione industriale all’inizio del ‘900. Il padre, Alfredo Frassati, originario del biellese, era una figura di spicco nell’Italia giolittiana, proprietario e direttore de “La Stampa”, il secondo tra i maggiori quotidiani italiani del tempo, e successivamente ambasciatore in Germania e in Polonia. Sua madre, di temperamento assai diverso, era un’artista riconosciuta e, a suo modo, religiosa. Un’esistenza vissuta, quindi, in un ambiente protetto e di alta cultura che gli consentì la libertà di viaggiare e di maturare un’apertura mentale non comune per l’epoca. Nonostante la sua appartenenza sociale agiata, Pier Giorgio dimostrò una forte attenzione per le questioni sociali con un orientamento diverso da quello liberale del padre, pur nella comune opposizione al fascismo nascente.

Che cambiamenti attraversarono Torino negli anni della prima infanzia di Pier Giorgio?
I primi anni del secolo scorso videro l’aumento esponenziale della popolazione perché la città diventò uno dei nodi fondamentali della industrializzazione dell’Italia. Uno dei tre poli fondamentali negli anni 30, 40, 50 e 60 con il  triangolo industriale costituito da Genova, col suo porto, Torino con l’industria meccanica e  Milano con un più esteso comparto manifatturiero posto al centro di grandi vie commerciali continentali. La data cardine per Torino è il 1899 con la nascita della Fiat con diversi soci, tra i quali la famiglia Agnelli originaria di Villar Perosa, che prese il controllo di una produzione di tipo fordista che arrivò, tra il 35 e il 39, alla costruzione di Mirafiori la più grande fabbrica automobilistica del sud d’Europa.

Che effetti produsse questa rapida crescita industriale?
Si trattò di un processo che richiese un flusso continuo di manodopera sfruttata, oppressa senza diritti, con una situazione lavorativa che noi potremmo oggi paragonarla a certe miniere di alcuni Paesi del Sud del mondo, cioè senza alcun diritto. È in questo scenario che va colta l’attrattiva crescente del movimento operaio in contrasto deciso con l’ordine liberale ma anche il tipico volto della santità sociale torinese con tanti volti e storie tra cui troviamo quella del giovane Frassati.

Pier Giorgio Frassati con alcuni amici nel 1925 Foto Spazio Espositivo Frassati “Verso l’altro” Mediacor

Pier Giorgio fu molto attivo nella dimensione solidale di aiuto concreto e non ostentato alle fasce più povere della popolazione, ma evidentemente si rese conto che ciò non era sufficiente…
Aveva una vita molto “devota”, fatta di intensa preghiera e messa quotidiana, ma proprio  per questo motivo maturò la consapevolezza che il Vangelo va incarnato concretamente in una società in fermento dell’Italia postbellica, con lo smarrimento dei reduci, le prime crisi economiche, i grandi tumulti del biennio rosso con l’occupazione delle fabbriche sull’esempio dei Soviet e la reazione violenta affidata ai fasci di combattimento. Con grande sconcerto del padre, il giovane Frassati aderisce in maniera attiva e militante al Partito popolare fin dalla sua nascita nel 1919, resa possibile dal venir meno del non expedit da parte del papa (l’obbligo morale di non partecipare alla vita politica dello stato sabaudo come protesta per la presa di Roma, ndr).

Un partito costretto ben presto ad una divisione interna tra sostenitori del regime e decisi oppositori come il suo fondatore Luigi Sturzo. Che scelta fece Pier Giorgio?
Il partito torinese aveva una matrice ancora legata alla dimensione rurale e il giovane Frassati scrisse ai suoi amici dalla Germania invitandoli a sostenere il candidato Fabio Stella a quell’area tradizionale, ma rapidamente si orientò verso la componente fortemente sociale e democratica rappresentata da Giuseppe Donati e Francesco Luigi Ferrari. Pier Giorgio si spese a favore di un’alleanza con i socialisti per sbarrare il passo al fascismo nel suo periodo più critico nel 1924 dopo l’omicidio Matteotti.  Il giovane, nonostante la forte militanza attiva, era visto, tra l’altro, in un primo momento con perplessità dai vertici locali del partito in considerazione della sua provenienza familiare.

Di lui si ricorda la decisione di strappare la bandiera della Fuci esposta durante la visita di Mussolini a Torino nel 1925. Frassati fu il solo ad accompagnare Giuseppe Donati nell’ attraversare il confine per andare in esilio in Francia…
Di Donati ci restano, infatti, le parole più belle sull’esempio di fierezza e fortezza di quel giovane che lo rincuorò nel passaggio più duro della sua esistenza ( il direttore del Il Popolo  morì di stenti nel 1931).

In pochi anni il fascismo riuscì ad affermarsi anche a Torino dove le squadracce si presentarono a casa del direttore de La Stampa ma arretrarono davanti alla resistenza decisa di Pier Giorgio..
Di fatto, Mussolini costrinse Alfredo Frassati a cedere il controllo del giornale agli Agnelli, schierati fedelmente con il regime, mentre il congresso dei popolari  che si svolse proprio a Torino nel 1923 registrò la scissione della componente filofascista che assicurò la maggioranza parlamentare a Mussolini. Pier Giorgio si impegnò fino alla fine sulla linea di intransigenza antifascista di Sturzo il quale fu però  costretto ad andare anch’egli all’estero lasciando la guida del partito a De Gasperi fino alla soppressione nel 1926 di ogni altra formazione politica con le leggi “fascistissime” del 1925.

Mussolini a Torino Foto Wikipedia

La morte improvvisa di Frassati, tra l’altro per una malattia contratta durante una visita in un quartiere disagiato di Torino, lo ha consegnato al mito di una gioventù “libera e forte”, lontana da ogni iconografia agiografica, impossibile per un tipo come lui, fondatore della compagnia goliardica dei “tipi loschi”. Quanto ha inciso il suo esempio nella formazione dei cattolici democratici durante il ventennio?
Grazie a sua sorella Luciana, gli amici hanno mantenuto vivo il suo insegnamento. Nelle sue numerose lettere troviamo parole molto dure nei confronti delle violenze perpetrate dal regime, che arrivò poi a devastare le sedi della Gioventù Cattolica e della FUCI per poi forzare la loro attività al solo piano “religioso”. Ma Pier Giorgio aveva capito benissimo già tutto denunciando gli assassinii politici di don Minzoni e di Matteotti e quindi opponendosi laicamente a qualsiasi forma di strumentalizzazione della religione da parte del regime. La memoria dell’Azione Cattolica fu attenta ad evitare il tentativo di ogni connubio con un sistema totalitario che poteva giungere ad usare paradossalmente la memoria eroica di quel giovane generoso per fini propagandistici.

E finito il ventennio?
Nel dopoguerra, la sua figura emerse prepotentemente, anche grazie all’azione di personalità come Montini (futuro Papa Paolo VI) e divenne un punto di riferimento per l’Azione Cattolica di Gedda e Carretto, dando il nome a innumerevoli circoli, cooperative e opere in tutta Italia. Il processo di canonizzazione, iniziato nel 1928, fu poi ripreso con forza negli anni ’60, è culminato con la beatificazione nel 1990 decisa da Giovanni Paolo II. L’esempio di Pier Giorgio Frassati è stato fondamentale per la maturazione del laicato cattolico sociale in Italia. La sua testimonianza ha mostrato come la fede non possa limitarsi all’ambito privato, ma debba tradursi in azione concreta a favore dei più deboli e in un impegno politico ispirato ai valori evangelici.

A che fonti ti sei riferito per il tuo libro?
Oltre alla sorella Luciana Frassati che ha dedicato la vita alla memoria viva del fratello, troviamo  il salesiano don Coiazzi, che fu il suo primo biografo e ne raccolse le prime testimonianze. Più recentemente, studiosi come Roberto Falciola (vicepostulatore della causa di canonizzazione) e Alessandro Risso, insieme a storici come Traiello, Margotti e Bartolo Gariglio, hanno contribuito ad approfondire la sua figura nel contesto storico e politico. Di Luciana è prezioso un testo sull’impegno politico di Pier Giorgio che contiene due contributi importanti a firma di Giorgio La Pira e Carlo Trabucco , coetaneo e amico di Pier Giorgio, figura di riferimento dell’impegno politico e del giornalismo di ispirazione cattolica (nel 1937 fu cancellato dall’albo dei giornalisti per la sua opposizione al regime).

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