“Pace impossibile ma necessaria”

Nel prevalente silenzio della società italiana davanti al massacro di Gaza, arriva la testimonianza della delegazione di Pax Christi Italia in Terra Santa
Razzi israeliani su Gaza

Il silenzio della società italiana rappresenta un caso internazionale per la sua assuefazione all’orrore proveniente dalla guerra in corso a Gaza con il carico spaventoso di morti civili. Finora ci sono state solo manifestazioni di poche persone a favore della resistenza palestinese in alcune città. Manca, come osservano in molti, in questo luglio insolitamente piovoso, una reazione delle reti sociali in grado di assumere l’invocazione alla tregua delle armi come richiesto solennemente da papa Francesco. Si può segnalare perciò come un segnale da seguire il viaggio che in questi giorni, dal 18 luglio, sta compiendo in Palestina una delegazione italiana di Pax Christi. Come ha affermato don Renato Sacco, coordinatore in Italia del movimento cattolico per la pace, Comunicato di Pax Christi, «siamo una decina di persone, uomini e donne, accompagnati da don Nandino Capovilla che da anni segue la “Campagna Ponti e non muri”. Un piccolo gesto per esprimere solidarietà, vicinanza alle tante persone amiche che stanno soffrendo in queste ore. Non vogliamo lasciarle sole proprio ora!». La delegazione si è messa in moto, come ha detto Sacco, «nel solco della preghiera a cui ci ha invitati papa Francesco all’Angelus la sera dell’8 giugno scorso». Il coordinatore di Pax Christi, parroco della diocesi di Novara, ha detto che la strage di civili che sta insanguinando la Striscia di Gaza «non può lasciarci indifferenti o incapaci di denunciare quello che non è definibile come una guerra ma solo come un massacro». La delegazione ha incontrato il direttore della Caritas di Gaza dove si trova tra l’altro, una comunità cristiana raccolta in parrocchia a cui Pax Christi è da tempo legato da un solido rapporto di condivisione.

In un primo report della delegazione da Gaza, Rossana Lignano del Punto Pace di Trento ha ravvisato una sostanziale differenza «rispetto alle altre volte in cui siamo stati qui è la assoluta perdita di speranza in una delle sue classiche possibili soluzioni: uno stato per due popoli oppure due stati per due popoli.

Entrambe a questo punto sembrano impossibili». Come commenta la Lignano, «sentire questa disperazione nella voce dei preti del patriarcato latino di Gerusalemme, del patriarca emerito Sabbah, dei giovani resistenti di Hebron, del direttore della Caritas di Gerusalemme, della gente comune che anche per strada ha voglia di parlare e sfogarsi, è davvero molto triste e ci fa riflettere.

Per fortuna il gruppo è bello, affiatato e ci facciamo anche delle belle risate poi ci sentiamo in colpa ma per reggere a tutta questa disperazione c’è bisogno anche di momenti leggeri». Come fa notare don Nandino Capovilla, «se ancora ce n'era bisogno qui vedi e tocchi con mano che la violenza genera solo violenza. Che le armi uccidono, distruggono e fanno aumentare la paura e l'insicurezza. Ma non portano a nulla. Se non morte e distruzione, paura e vendetta. Ma cosi non si arriva da nessuna parte. Le notizie dei morti, dei feriti, delle case distrutte non sono notizie come tutte le altre, da commentare magari in modo equilibrato e distaccato, ma sono una storia di ingiustizia che continua da troppo tempo».

Capovilla riafferma il motivo di questa presenza in Terra Santa «proprio perché la pace ora sembra proprio impossibile. Ma necessaria. Ed è proprio quando e impossibile che diventa ancora più urgente e necessaria». 

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