Quanto pesa l’assenza di una politica sul debito

Gli interessi sul debito pubblico strozzano la ripresa dalla recessione. Intervista al professor Leonardo Becchetti che rilancia l’appello di oltre 350 economisti per ridisegnare le regole del sistema finanziario. L’urgenza di una macroeconomia civile prima che sia tropo tardi
Grecia

Lo speaker del tg di turno annuncia che la Borsa e i mercati europei tremano ogni volta che in televisione compare il volto del greco Alexsis Tsipras, il giovane leader di Syriza (acronimo che sta per “sinistra radicale riunita”), il partito con serie possibilità di vincere le elezioni politiche nazionali del prossimo 25 gennaio, anche senza l’appoggio dello storico partito comunista greco (Kke) attestato sul 5 per cento delle intenzioni di voto e molto critico verso il “moderato” Alexis.

Eppure, secondo l’economista Leonardo Becchetti, «il problema della Grecia non è Tsipras, ma l’insolvibilità del debito greco nelle presenti condizioni» dettate da un direttorio europeo che non vuole cambiare direzione anche davanti a cifre molto chiare che dimostrano come la Grecia si possa salvare dal dissesto finale solo con una crescita del 3 per cento, impossibile da raggiungere con le regole  attuali. Becchetti è stato tra i promotori principali del “manifesto appello” condiviso da oltre 350 economisti a favore di nuova Bretton Woods e cioè di una nuova regolamentazione mondiale del sistema finanziario. Una proposta che, secondo le generose intenzioni dei numerosi autorevoli studiosi, poteva essere fatta propria dall’Italia nel semestre di presidenza Ue. Non si tratta di un esercizio retorico ma di precise misure necessarie, sempre attuali, per non veder saltare il progetto europeo. Sentiamo direttamente il professor Becchetti, professore di economia politica nell’università di Roma 2 Tor Vergata.

Cosa manca in Europa oggi?

«Non abbiamo un Roosevelt capace di avviare un nuovo deal (nuovo patto , ndr) perché i Paesi europei sono divisi dai loro interessi particolari senza rendersi conto di trovarsi nella stessa barca mentre l’opinionepubblica resta distratta e indifferente. Negli Usa sono stati, invece, i banchieri centrali a comprendere la necessità di non restare vincolati da una austerità sterile». 

Eppure, se ascoltiamo alcuni commenti, senza la incognita Tsipras, la Grecia non sarebbe un problema ma un successo della cura “lacrime e sangue”…

«È inconcepibile parlare di “successo” di una cura imposta ad un Paese che ha  perso un quarto del Pil dentro una recessione che è la peggiore nel mondo dal dopoguerra a oggi. Tanto più che, invece, sarebbero da sfruttare ora le  condizioni favorevoli del mercato dell’energia e dei mercati finanziari pieni di liquidità per uscire fuori dalle fissità di un austerità incapace di comprendere che il fine da perseguire è la lotta alla disoccupazione e non il valore del rigore come disciplina a sé stante perché non è la cura dimagrante della spesa che assicura il contenimento del debito e le condizioni di prosperità».

Quale strada andrebbe presa dai responsabili dei Paesi Ue?

«Occorre una combinazione di politiche monetarie espansive, monetizzazione del debito e politiche fiscali espansive. È la strada avviata dagli Stati Uniti, subito dopo lo scoppio della crisi. Gli Usa non si sono preoccupati dei rapporti deficit/Pil iniziali sopra il 10 per cento e adesso la crescita del Pil reale al 3,5 per cento ha  posto le condizioni per una drastica riduzione del rapporto debito/Pil e deficit/Pil, rientrato sotto il 3 per  cento».

Il piano per uscire dal pantano recessivo lo avete esposto nel manifesto appello qualche mese addietro e ora?

«Restano sempre più valide quelle proposte dato che la decisione della Banca centrale europea (Bce) di procedere direttamente all’acquisto di titoli pubblici (quantitative easing) si muove proprionella direzione di far arrivare il costo medio del debito pubblico sul 2 per cento, liberando per la ripresa le risorse disponibili da un avanzo primario che è positivo anche in Grecia ( entrate tributarie ed extra tributarie maggiori delle spese pubbliche). Nella stessa direzione si muove la nostra proposta di ristrutturazione dei debiti dei Paesi membri tramite l’acquisto, da parte della Bce, della quota eccedente il 60 per cento per convertirla in titoli senza interesse da ripagare negli anni con le risorse da signoraggio spettanti a ciascun Paese. Si tratta di liberare importanti risorse oggi destinate al pagamento degli interessi producendo, in tal modo, un formidabile stimolo alla domanda interna di tutti i paesi. Con vantaggi per tutti».

http://www.cittanuova.it/c/442211/Nuove_regole_prima_che_leuro_finisca_male.html

http://www.cittanuova.it/c/442289/Lappello_senza_risposta_contro_lausterit_dissennata.html

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