Verso un referendum che pochi vogliono

Domenica si dovrebbe votare per eleggere l’Assemblea costituente voluta da Maduro e contestata dall’opposizione. Il muro contro muro continua. Forse lunedì si capirà qualcosa di più
Nicolas Maduro

105. È il numero delle vittime delle proteste in Venezuela contro il presidente Maduro e la sua politica, appena qualche giorno prima delle elezioni per la nuova Assemblea costituente. L’ultima vittima è un sedicenne, ferito da un colpo d’arma da fuoco alla testa durante una manifestazione a El Paraiso, sobborgo ad Est di Caracas. Il ragazzo è poi morto in ospedale, per le ferite causate dall’intervento delle milizie paramilitari che hanno attaccato i dimostranti dell’opposizione.

Domenica, dunque, nonostante i sette milioni di voti del referendum indetto dalla Mud – la “tavola” dell’opposizione – per contrastare il progetto presidenziale di una nuova costituzione, i cittadini venezuelani saranno chiamati a votare i 545 membri della nuova Assemblea costituente. Non si sa in realtà quanta gente parteciperà al voto, visto che i sondaggi parlano di un 70 per cento di venezuelani contrari al progetto di riforma costituzionale, e di un 80 per cento che critica fortemente la presidenza Maduro: con un 10 per cento di popolazione, quindi, che critica il presidente pur avendo deciso di votare per l’Assemblea.

L’opposizione, da sempre contraria al progetto di Maduro, vede nelle elezioni di domenica l’ennesimo, goffo tentativo del governo di evitare veri confronti elettorali; sapendo anche che nel gennaio 2019 scadrebbe in ogni caso il mandato del successore di Chavez, con le elezioni presidenziali previste alla fine del 2018. Il progetto dell’Assemblea costituente porterebbe in avanti tale data.

Che la situazione sia grave anche per il governo, lo dice il divieto da domani e fino martedì prossimo di «qualsiasi azione o manifestazione che possa turbare le elezioni per l’Assemblea Costituente», come ha annunciato il ministro degli Interni, Nestor Reverol. Ma l’opposizione della Mud ha confermato per domani la manifestazione di massa chiamata un po’ pomposamente «la presa di Caracas».

Si pensa che la comunità internazionale attenderà i risultati delle votazioni di domenica per cominciare a parlare di sanzioni contro il Venezuela, anche se Russia e Cina sono fermamente contrarie. Intanto gli Stati Uniti hanno unilateralmente iniziato un loro programma di sanzioni, imponendo il blocco delle proprietà statunitensi di 13 alti funzionari venezuelani, tra cui Tibisay Lucena Ramirez, presidente del consiglio nazionale elettorale, ed Elias José Jaua Moilan, capo della commissione presidenziale per l’Assemblea nazionale costituente.

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