Verso una governance mondiale

Ambiente, pandemia, reti, povertà. Le prossime sfide globali
(AP Photo/Armando Franca)

Per Donald Trump la pandemia ha interrotto definitivamente l’era della globalizzazione (intervista su Fox Business del 14/5/2020). In effetti, la globalizzazione di guai ne ha fatti tanti, annullando l’autonomia delle culture locali e imponendo un unico stile di vita, che mette al primo posto l’“uomo consumatore”, senza radici, senza comunità e senza voce. Qualcosa di buono, però, l’ha anche ottenuto: sperimentare, grazie alla rete di comunicazione che ci collega a livello planetario, che abbiamo un solo destino, nel bene e nel male.

Dunque, bisogna ripensare la globalizzazione, ma con saggezza, sfruttandone il potenziale a vantaggio di “tutto” il genere umano. Bisogna però fare in fretta, perché qualcuno già lavora, sotto traccia, in direzione opposta.

Quale Internet?
In questi mesi di quarantena, Internet ci ha permesso di continuare a coltivare amicizie e affetti, vicini e lontani. Eppure i regimi autoritari non la amano: è troppo libera, globale, difficile da controllare. Permette alla persone di essere informate, di collegarsi con chiunque nel mondo, di sviluppare il proprio pensiero ampliando gli orizzonti. Per questo i governi “sovranisti” vorrebbero spezzarla in tante “isole locali”, poste sotto il controllo degli Stati. L’obiettivo finale è censurare i cittadini, ispezionare ogni parola, ogni messaggio, anche con l’aiuto dell’Intelligenza artificiale, come già succede in Cina e in altri Stati.

Da infrastruttura neutrale, si vuole trasformare la Rete in strumento di controllo politico: il collegamento a Internet non sarebbe più un diritto, ma una concessione dello Stato ai cittadini più obbedienti (vedi intervento di Fadi Chehadé nel dossier Governance allegato a Città Nuova n. 5/2020). Dall’altra parte ci sono le aziende private come Google, Amazon, Facebook e Apple, che mettono le mani sui nostri dati, rivendendoli a politici e aziende, per influenzare comportamenti e acquisti. Insomma, siamo tra la padella e la brace. In India a novembre ci sarà una riunione tecnica dove si deciderà il futuro della Rete. Se non vogliamo lasciare l’evoluzione tecnologica e il controllo delle nostre vite nelle mani di “pochi”, serve un’opinione pubblica internazionale informata e capace di far pressione. Serve una governance planetaria e democratica.

Quale vaccino?
Il futuro vaccino contro Covid-19 non dovrebbe essere proprietà di una sola multinazionale farmaceutica o di una sola nazione, ma di tutti i Paesi del mondo. A prezzo di costo. Nessuno deve «sfruttare la disperazione per fare profitti», precisa Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia. Eppure attualmente il sistema sanitario mondiale permette alle case farmaceutiche di controllare tanti farmaci salvavita, ostacolare la produzione dei farmaci generici con brevetti e pressioni politiche, impedendo a parte della popolazione mondiale di accedere alle cure. È chiaro che devono ripagare gli enormi investimenti fatti per la ricerca, ma la salute non può essere lasciata nelle mani degli interessi privati. Serve un nuovo modello, basato sulla “condivisione dei saperi” e sulla parità di accesso, grazie a una sanità diffusa nel territorio. È necessario stabilire chi decide sulla salute.

Quale ambiente?
Le ondate di calore e umidità stanno aumentando. Ce lo dicono le ultime ricerche scientifiche. Ma quando i picchi di caldo umido sono troppo alti e frequenti, si arriva al limite della tolleranza umana. Dopo di che si muore. Già ora, il caldo uccide più persone di freddo, inondazioni e uragani. Senza contare la disperazione di pescatori, allevatori e migranti per la siccità in aumento, con le conseguenti guerre per l’acqua. Se non ridurremo presto le emissioni di gas serra che riscaldano il pianeta, non avremo scampo. Per farlo, però, non basta la buona volontà dei singoli Stati; anche qui serve una governance planetaria (vedi Pasquale Ferrara nel dossier citato).

Orizzonte
Nei prossimi anni, le sfide planetarie si susseguiranno: dalle pandemie al futuro di Internet, dal clima alla povertà, dalla sete alle migrazioni. Emergenze globali, che richiedono risposte unitarie e democratiche. Il messaggio è semplice: o ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno. Alcuni non l’hanno ancora capito: continuano a costruire muri e accumulare denaro. Ma rischiano di essere solo la retroguardia della storia. L’orizzonte del futuro invece sembra chiaro: dovremo imparare ad agire uniti. O, come dice il papa, a globalizzare la fraternità. Per fortuna, questi mesi di quarantena ci hanno fatto intravedere che l’unità è possibile e desiderabile. Forse per la prima volta, ci siamo immaginati come un’unica famiglia umana, con obiettivi comuni e una casa comune, il nostro fragile pianeta.

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