Unione europea, gli avvenimenti principali del 2022

La guerra in Ucraina ha assorbito tutte le energie dell’Unione europea, anche in senso letterario, mentre altri problemi, come quelli della migrazione, restano tuttora irrisolti. Il Qatargate, poi, ha offuscato ulteriormente un anno che era già a tinte fosche.
UE
L'Unione Europea nelle bandiere dei suoi Stati membri(Foto: Pixabay)

Il 2022 si è aperto con la Presidenza di turno francese del Consiglio dell’Unione europea, che mirava a realizzare un’Europa umana, più forte e sovrana, verso un nuovo modello di crescita, promuovendo i nostri valori europei condivisi e il bene comune in tutti i settori politici, suggerendo di rafforzare il senso di appartenenza anche valorizzando il carattere unico dell’UE come una comunità di valori basata su diritti fondamentali. A questo si aggiungeva la necessità di una ripresa equa e giusta dalla pandemia di COVID-19 e di uno sviluppo di una cultura strategica europea di pace, con al centro la sicurezza umana. Ebbene, è accaduto tutto il contrario.

L’anno è stato caratterizzato dall’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia. Inutile riepilogare i vari momenti della crisi, ma doveroso è invece sottolineare il prezzo altissimo in termini di vite umane che entrambi i Paesi stanno pagando, oltre che la brutalità che il conflitto ha assunto, con una serie infinita di episodi di violenza e degrado umano che non si vedeva sul continente europeo dai tempi della II guerra mondiale. La distruzione del Paese, il cosiddetto granaio d’Europa, sarà un fardello che in molti dovranno portare, mentre una soluzione della crisi militare sembra ancora lontana, nonostante le continue sconfitte subite dalle forze russe.

Oltre che stabilire una molteplicità di sanzioni economiche di dubbio effetto, l’Ue si è adoperata per cercare una soluzione pacifica al conflitto, garantendo al contempo corridoi umanitari sicuri e accogliendo i rifugiati in fuga dalla guerra.

La buona notizia è che, con la conferenza internazionaleStanding with the Ukrainian People (al fianco del popolo ucraino), circa 70 Paesi e istituzioni donatori di tutto il mondo hanno promesso più di 1 miliardo di euro in finanziamenti immediati per aiutare gli ucraini a superare un rigido inverno, mentre le forze russe colpiscono la rete energetica e altre infrastrutture civili dell’Ucraina.

Alla Francia è seguita la Cechia alla Presidenza di turno del Consiglio dell’UE, che si è concentratai su cinque aree strettamente collegate, evidentemente definite in base all’attuale scenario geopolitico globale: gestione della crisi dei rifugiati e della ripresa dell’Ucraina nel dopoguerra, sicurezza energetica, rafforzamento delle capacità di difesa e di sicurezza del ciberspazio dell’Europa, aumento della resilienza strategica dell’economia europea. In realtà è stata la sicurezza energetica ad avere preso la scena.

Il conflitto in Ucraina ha anche generato una crisi energetica senza precedenti, che ha inficiato la ripresa economica già indebolita dalla crisi delle materie prime e dalla spinta inflazionistica. Con il piano REPowerEU, per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi, accelerare la transizione verde e diversificare le forniture energetiche, soprattutto di gas, cosa che richiederà comunque anni, l’Ue e gli Stati membri si sono impegnati a creare nuove infrastrutture, cosa che richiederà ancora più anni, mentre il Consiglio europeo, dopo lunghe trattative, ha raggiunto delle decisioni condivise per contenere i prezzi dell’energia in Europa ed è stato stabilito un meccanismo di emergenza. Infine, i ministri dell’energia dell’Ue hanno raggiunto un accordo politico su un regolamento che stabilisce un (complicato) meccanismo di correzione del mercato del gas per proteggere i cittadini e l’economia da prezzi eccessivamente elevati. Se funzionerà è tutto da vedere.

Le questioni migratorie restano ancora un punto di scontro tra gli Stati membri, con le istituzioni europee talvolta impotenti, nonostante le iniziative che sono state tentate. La vicenda simbolo è senz’altro quella che ha visto protagoniste l’Italia e la Francia, quando la nave Ocean Viking, dell’organizzazione non governativa SOS Méditerranée, con a bordo 231 migranti soccorsi in mare, di cui 57 bambini, è stata dirottata verso la Francia dopo essere stata respinta dall’Italia, dopo oltre 15 giorni di ricerche di un porto sicuro nel Mediterraneo.

La Commissione europea ha proposto una politica di migrazione legale ambiziosa e sostenibile, nonché partenariati con i Paesi extracomunitari. Nel portare avanti una politica comune in materia di asilo e migrazione, l’Ue e i suoi Stati membri potrebbero rafforzare il rispettivo ruolo nella protezione internazionale, garantendo un rapido accesso a una procedura di asilo completa ed equa a coloro che arrivano alle frontiere e nel territorio dell’Ue.

Altre importanti iniziative hanno visto l’Ue protagonista: l’Anno Europeo per i Giovani, l’entrata in vigore della legge sui servizi digitali con nuove regole per le piattaforme online, il piano d’azione dell’Europa per i giovani, il lancio della strategia “Global Gateway” che mira a mobilizzare fino a 300 miliardi di euro per promuovere legami sostenibili in tutto il mondo.

L’anno si chiude, purtroppo, con lo scandalo del Qatargate. Parlamentari europei, funzionari delle istituzioni e membri di organizzazioni non governative sono stati accusati di corruzione e riciclaggio di denaro, che sarebbe stato loro offerto dal Qatar per favorire la diffusione di un’immagine positiva o fare ammorbidire l’attitudine dell’Ue nei confronti del paese  accusato di non rispettare i diritti umani, in particolare nell’organizzazione e realizzazione della Coppa del Mondo 2022 appena conclusa.

Seppure le notizie che emergono dall’inchiesta siano tristi e i suoi sviluppi siano ancora imprevedibili, bisogna riconoscere che il sistema istituzionale europeo dimostra di funzionare bene, proprio perché questi episodi di corruzione sono stati scoperti e le autorità sono intervenute per smascherare, colpire e punire le persone coinvolte. È però molto triste che, finora, le figure coinvolte in questa vicenda siano italiane e che il nostro popolo ne venga screditato: infatti, all’estero, per identificare la questione i media usano l’espressione Italian job.

Un pensiero, doveroso, va alla Regina Elisabetta II. La sua scomparsa lascia un vuoto nel Regno Unito (ora nel caos post-Brexit), in Europa e nel mondo, non soltanto per quanto ha fatto nel corso del suo lungo regno, ma anche e soprattutto perché con lei scompare l’ultima esponente di quella generazione di grandi leader del Novecento che hanno contribuito a realizzare una stagione di crescita, sviluppo e pace nel mondo: leader autorevoli, competenti e carismatici che tanto ci mancano.

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