Una provocazione amplificata

La proposta di bruciare il Corano l’11 settembre merita una riflessione sulle esperienze di dialogo con l’Islam, ma anche sull’etica e sul ruolo dei media.
Musulmani a Milano

«L’albero che cade fa più rumore della foresta che cresce» – È l’adagio che si ripresenta in tutta la sua potenzialità tragica in queste ore, in cui si rischia di dimenticare anni di sforzi pazienti nell’intessere dialogo, mutua conoscenza e comprensione di fronte all’iniziativa di un pastore americano che propone ai suoi fedeli, una cinquantina in tutto, un atto inconsulto nei confronti di un libro sacro di una religione monoteista.

 

Whaling, un noto teologo delle religioni, diceva che oggi se si vuole davvero costruire rapporti fra culture e religioni si tratta di « entrare nella pelle dell’altro, vedere il mondo come l’altro lo vede, porsi le domande dell’altro, penetrare nel senso che ha per l’altro essere indù, musulmano, ebreo, buddhista»[1]. In queste ore mi sono chiesto come i nostri fratelli e sorelle che seguono il Corano possano essersi sentiti al leggere o all’ascoltare la notizia di questa idea che, come ha affermato l’Osservatore Romano, è «un grave oltraggio al libro considerato sacro da una comunità religiosa».

 

Proprio oggi pomeriggio ho avuto occasione, per una pura coincidenza, di trascorrere due ore e mezza con un fratello musulmano. E sottolineo proprio la parola ‘fratello’. Perchè, penso, tali ci siamo scoperti. C’è stata con Mustafà una profonda comunione, un’identità di vedute e di sentimenti, che, quando l’ho riaccompagnato alla sua auto, mi ha lasciato con un profondo senso di gratitudine. Fra le altre cose mi ha raccontato di come lui, che vive in Italia da vent’anni, che ha studiato a Roma, ha sposato un’italiana e parla l’italiano praticamente senza accento, senta crescere proprio sulla sua pelle un’ondata di islamofobia.

 

Tornando sui miei passi verso l’ufficio, la forte esperienza di comunanza che avevamo vissuto mi ha fatto sentire quella stessa impressione sulla mia pelle. Allo stesso tempo, riflettendo sulla profondità spirituale che ho ammirato in lui, mi chiedevo quanti milioni di musulmani sono stati formati a quella stessa profonda dimensione di Dio e dell’uomo, che ho trovato in Mustafà oggi pomeriggio e che ha la radice proprio nel Corano. È stato un vero dono per me e lo è, se si è attenti, per tutta l’umanità. Anche per noi, quindi, cristiani, certo!

 

Per questo mi sembravano profondamente vere le parole del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso che sottolinea come «ogni religione con i rispettivi libri sacri, luoghi di culto e simboli ha diritto al rispetto e alla protezione: si tratta del rispetto dovuto alla dignità delle persone che vi aderiscono e alle libere scelte in materia religiosa».[2]

Vari comunicati e dichiarazioni si sono levate a mo’ di coro da diverse parti del mondo: dalla Casa Bianca ai vescovi del Medio Oriente. Molti temono violenza e ritorsioni. A New York si vive nella tensione pensando che fra pochi giorni sarà il nono anniversario di quell’11 settembre che ha riscritto la storia. Le autorità religiose d’America – cattolici e protestanti, ebrei e musulmani – si sono riunite a Washington per un appello comune contro il «clima d’intolleranza religiosa, derisione e disinformazione attorno all’Islam».

Penso che, come comunità cristiane del mondo si sono levate per condannare un’idea assolutamente irresponsabile, anche i leaders di comunità dei seguaci dell’Islam faranno lo stesso perchè da qualsiasi lato provenga «il ricorso alla violenza in nome di una credenza religiosa è una perversione degli insegnamenti stessi delle maggior religioni».[]

 

Forse, ancora una volta, l’esame di coscienza dovranno farlo i media: come si può sbattere sulle edizioni on-line e sui cartacei di tutto il mondo una notizia che coinvolge una cinquantina di persone in un remoto paesino del Sud degli Stati Uniti? Aiuta davvero, farlo? Contribuisce ad un mondo più vivibile?

 

Penso che sia un esame di coscienza importante se si vuole essere impegnati nella costruzione di un mondo dove integrazione e comprensione reciproca possano crescere giorno dopo giorno.



[1] F. Whaling, Christian Theology and World Religions: A Global Approach, London 1986, pp. 130-131

[2] Cfr. Osservatore Romano, 8 settembre 2010

[3] Giovanni Paolo II, Discorso al nuovo Ambasciatore del Pakistan, 17.12.1999 citato in Osservatore Romano, 8 settembre 2010

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