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Una folla contro il riarmo, in cerca di politica

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

Grande adesione alla manifestazione contro ReArm Eu indetta dal Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte, con adesioni significative del mondo associativo e di altri partiti. Segnali di una visione culturale comune che può dare l’innesco ad una coalizione politica capace di mettere in crisi il governo Meloni?

 

Bisognava andare a Roma il 5 aprile 2025 per cercare di capire la forza di coesione reale di una folla di circa 100 mila persone radunate dal Movimento 5 Stelle con un messaggio politico molto chiaro: “No al riarmo”. Il non partito nato sotto l’onda della protesta, diffusa ma confusa, capitanata da Beppe Grillo sembra avere assunto una veste completamente diversa con una visione organica espressa da un giornale di riferimento. Ha fatto una certa impressione, infatti, vedere alcuni manifestanti esporre la copia personale de Il Fatto quotidiano durante l’acclamato intervento di Marco Travaglio, il direttore della testata chiamato dalla folla affettuosamente per nome.

Un gesto che ricorda un altro popolo che issava con orgoglio il foglio riconoscibile dell’Unità, strumento di misura di una militanza che richiedeva la vendita porta a porta. In tempi completamente diversi come quelli attuali è la capacità di essere presenti sui social, oltre che in certe trasmissioni televisive, seppure da bastian contrario, a fare la differenza e creare un senso di identità e di appartenenza comune intorno ad alcune parole chiave.

In pochi anni il M5S ha perso, come era prevedibile, migliaia di militanti e milioni di elettori attratti da una repulsione verso la classe politica tradizionale, classificata come la casta, come già avvenuto, nel secondo dopoguerra, con il fenomeno dell’Uomo qualunque che, prima di diventare un partito con consensi simili ai partiti popolari, era, prima di tutto, un quotidiano diretto dal commediografo Guglielmo Giannini con venature confuse, compresi sentimenti nostalgici di un passato velocemente rimosso.

La forte spinta ambientalista del comico genovese, assieme alla visionarietà dell’imprenditore Gian Roberto Casaleggio, hanno alimentato un successo elettorale che aveva imbarcato di tutto, con forti contraddizioni e fragilità culturali tipiche in chi rifiuta le categorie di sinistra e destra. Lo si è visto nella parabola di alcuni presunti leader come Di Maio o altri personaggi passati ad altre sponde.

Quello visto il 5 aprile 2025 a Roma sulla via dei Fori, un tempo detti “imperiali”, è una realtà completamente diversa che ha in Giuseppe Conte un punto di riferimento di un leaderismo condiviso da una classe dirigente che si è fatta le ossa ed è passata attraverso scontri interni e inevitabili divisioni, scomparendo di fatto in alcune aree geografiche mentre la destra della Meloni ha saputo incanalare il sentimento di protesta giungendo a passare in poco tempo dal 3 al quasi 30% su scala nazionale da urne sempre più vuote. Il sistema elettorale anomalo e contraddittorio associato ad una volatilità e liquidità del consenso elettorale potrebbero essere i fattori di un veloce cambio di vento se un gruppo politico riuscirà a dare voce ad un’opinione pubblica a partire da alcuni concetti chiave.

È quello che si è augurato esplicitamente Giuseppe Conte nel suo intervento centrale all’interno di una manifestazione che poteva anche risolversi in un flop e che, invece, ha raccolto consensi anche da ambienti che finora avevano espresso riserve e istintive diffidenze.

Prima di tutto una sinistra diffusa, orfana di rappresentanza, che ha vissuto con sfavore la chiamata a raccolta fatta da Repubblica lo scorso 15 marzo, sotto le insegne di un orgoglio europeista, realtà tra loro contrapposte ma obbligate a segnare il campo per non lasciare il posto libero ad altri.

Non hanno avuto alcun imbarazzo a fare il loro intervento sul palco dominato dal giallo identitario dei 5Stelle, ad esempio, Walter Massa, presidente dell’Arci, storica associazione diffusa della sinistra, o Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, assieme a Flavio Lotti, presidente della Marcia Perugia Assisi, introdotto da Paola Taverna ricordando che il M5S è stato fondato un 4 ottobre 2009 proprio con riferimento a Francesco d’Assisi e al suo messaggio di fraternità. Molto acclamato anche padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano di forte tempra trentina, che ha invitato a sostenere la campagna di boicottaggio in corso verso i prodotti israeliani come arma di pressione contro il governo di Tel Aviv autore di un massacro di massa a Gaza. La cifra comune della manifestazione è stata, infatti, il sostegno alla causa palestinese come esempio dell’ipocrisia occidentale schierato nel sostegno armato dell’Ucraina, ma indifferente e complice verso la politica di Netanyahu definito a più riprese “criminale di guerra”.

La presenza e l’intervento di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, di Alleanza Verdi e Sinistra, ha reso evidente la finalità di dare corpo ad un’opposizione politica coesa contro il governo Meloni, superando le diffidenze verso la presunta vicinanza culturale dei 5Stelle verso Trump e l’ambiguità sull’accoglienza dei migranti. Nel suo discoro, infatti, Conte ha preso di mira lo scandalo del rilascio di Almrasi, il torturatore libico di migranti ricercato dalla Corte penale internazionale.

Il riferimento in diversi interventi a Giuseppe Conte ha reso evidente il legame di fiducia verso la linea politica dell’ex presidente del Consiglio che, nella ricostruzione dei militanti, è stato defenestrato dal Governo grazie ad una congiura di palazzo ordita per fare spazio a Draghi visto come esecutore dell’establishment che trova nella von der Leyen l’espressione massima.

La più netta contrarierà dei manifestanti è stata espressa nei confronti dell’attuale vertice dell’Ue, accusato di promuovere ReArm Eu per facilitare la crescita della Germania come potenza economica e militare in grado di spaccare l’Europa conducendola ad uno scontro bellico contro la Russia.

Molto chiara nel discorso di Travaglio la tesi della ricostruzione dell’intera vicenda del conflitto russo ucraino come esito di una strategia degli Usa di sacrificare il popolo ucraino in una guerra per procura. L’accusa principale è rivolta contro la Nato e il servilismo europeo che invece di arrivare ad una composizione delle contese territoriali ragionevoli, ha sostenuto un’espansione ostile e atomica dell’Alleanza atlantica verso Est. Tesi ribadita ancora più duramente da Barbara Spinelli, figlia di uno degli estensori del Manifesto di Ventotene, ex parlamentare europea nel gruppo della Sinistra.

Lo stesso dove hanno trovato casa anche i 5Stelle con il favore di Rifondazione comunista che è intervenuta alla manifestazione con il segretario Maurizio Acerbo. Il partito guidato un tempo da Bertinotti non ha parlamentari eletti, ma dispone ancora di una presenza diffusa di attivisti nei territori nonostante la diaspora polverizzante avvenuta negli ultimi anni. Molti gli intellettuali di quest’area diffusa come lo storico Angelo Orsi, docente all’università di Genova, che intervenendo dal palco ha detto di auspicare di vedere crescere “l’intellettuale diffuso” di quella folla compatta come alternativa alla pretesa elite che conduce il Paese e l’Europa alla guerra. Grande amicizia espressa anche dalla star degli storici, Alessandro Barbero, che ha inviato un video per sottolineare ancora una volta l’angosciante somiglianza tra questa corsa al riarmo degli Stati al periodo precedente al primo conflitto mondiale, con la differenza che ora si prospetta lo spettro del nucleare di fronte al quale ogni bunker blindato e kit d’emergenza appare tragicamente inutile.

Non c’è stata alcuna pulsione anti europeista nella piazza, ma l’indicazione di un’altra direzione dell’Unione europea che potrebbe trovare l’innesco da un movimento popolare diffuso e attivo in Italia. Di fatto, finora un’eccezione nel panorama del continente ma auspicato dal deputato di sinistra del Parlamento europeo, il belga Botenga che si è espresso in ottimo italiano. Molte le bandiere esposte dell’Europa accanto a quella arcobaleno della pace, ma anche vessilli nazionali e palestinesi.

Molti altri gli interventi in scaletta, dal mondo associativo, dalla Rete numeri pari a Greenpeace, contro la privatizzazione della sanità, la lotta alla povertà e la difesa dell’ambiente, oltre ovviamente alla pattuglia dei parlamentari nazionali ed europei dei 5 Stelle con esibizione sorridente di grande orgoglio e coesione. Una risposta alimentata dal recente auspicio manifestato ingenuamente da Carlo Calenda nel congresso di Azione della definitiva estinzione del M5S.

Resta in bilico il Pd che potrebbe far parte di una coalizione in grado di guidare il ribaltamento dell’egemonia della destra guidata dalla Meloni proprio a partire da certi punti chiave come l’opposizione al piano di Riarmo europeo associato ad una netta resistenza contro la politica di Trump (nelle stesse ore Elon Musk si è collegato ad un congresso della Lega).

Una delegazione dem era presente nella via dei Fori baciata dal sole primaverile, osservando probabilmente con interesse parte del suo potenziale elettorato radunato spontaneamente come in altri tempi nelle oceaniche manifestazioni contro la guerra in Iraq. La Schlein guida un partito però diviso, con forti componenti schierate a fianco della von der Leyen, che andrà probabilmente ad un congresso chiarificatore se non ad una scissione. L’adesione o meno al piano di Riarmo chiede decisioni rapide e niente è più divisivo della guerra, anche se rimossa inconsciamente nel dibattito pubblico.

L’economista statunitense della Columbia, Jeffry Sachs, dal palco, ha invitato a promuovere il ruolo dell’Italia come mediatrice di pace in Europa. Ma il piano appare tutto in salita.

I tempi sono sempre più brevi e presto si vedrà se qualcosa di nuovo emergerà da quelle migliaia di persone radunate spontaneamente su quella strada ideata nel secolo scorso da una triste scenografia di regime per collegare il Colosseo ad una piazza dove la parola “guerra!” venne annunciata nel tripudio di un’altra folla.

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