Un presepe accoglie i poveri di Sestri

La Tavola di san Francesco, nel convento dei frati francescani, è una nuova mensa per i senza fissa dimora, ristrutturata con il contributo dei privati: una conferma della vocazione all'accoglienza di questa città
Sestri Levante

La pioggia fredda rende scivoloso il sagrato, leggermente scosceso, del grazioso convento dei frati cappuccini, che s’affaccia per intero sulla Baia del silenzio, tra le ville delle famiglie bene di Sestri Levante: i Doufour, i Grimaldi, i Gallini, Henriquet, Lante. In un locale del convento, rimesso a nuovo, dal pavimento al soffitto, dove fino a poco fa era allestito un antico presepe, ora sorge una mensa per poveri. L’hanno chiamata la Tavola di san Francesco. Forse perché durante la ristrutturazione, sotto l’intonaco è venuto in luce un bellissimo affresco raffigurante san Francesco con le braccia aperte, quasi a voler accogliere ognuno che lì sosta.

La ristrutturazione di questa sala è costata 140 mila euro e qui potranno essere ospitate ogni giorno circa 40 persone, a cui verrà servito un pasto caldo. «È la festa della carità – dice il vescovo di Sestri Alberto Tanasini, che celebra la messa e poi inaugura il locale –. Questo giorno è una solennità per la chiesa e la città di Sestri dimostra ancora una volta di essere e di continuare a voler essere una città accogliente». Sono tanti i privati cittadini che hanno contribuito alle spese di ristrutturazione e quelli che mantengono giornalmente il cibo per la mensa. «Dare dignità a ogni persona, questa è la vera normalità per il cristiano – spiega Tanasini –, perché tutti prima o poi abbiamo bisogno di accoglienza e di misericordia».

La chiesetta dei frati è gremita. Sono saliti qui tanti amici, oltre al sindaco, all’assessore regionale alla salute, i parroci della città. Seduto su un gradino di un altare laterale c’è anche Enzo, affezionato del luogo: non tanto della chiesa ma della mensa. «Sono uno dei primi, sa, e questo è un diritto acquisto. Tutti mi rispettano e il pasto ce l’ho tra i primi». Sorride un frate indaffarato a servire, «lui sa bene – mi dice – che i diritti qui sono uguali per tutti, chi arriva e domanda un pasto caldo, sa di poterlo avere». Ora anche seduto al tavolo di una mensa, riscaldata, mentre prima si pranzava sui gradoni della chiesa e se pioveva la pioggia cadeva nel piatto, ora invece è tutta un’altra cosa. È dare dignità ad ogni uomo, come ripete il vescovo.

Pelliccia, labbra in sovrappeso per il rossetto insistente, tre borse di plastica gonfie di altre borse di plastica stropicciate, Linda non mangia «troppe cose….», mi spiega, ma si butta sul bagnun, quel piatto tipico del Tigullio, che oggi i frati non hanno voluto far mancare. Gallette tuffate in un sugo di pomodoro cotto con alici. E poi c’è l’insalata di polpo lessato. Piatti che ti fanno esclamare davvero «Laudato sii». Frate Francesco mi perdonerà per così tanta debolezza culinaria, ma davvero la mensa oggi è tutta una leccornia. E nonostante tanta bontà Gianni si impegna a raccogliere bottiglie vuote e bicchieri perché, dice concentrato, «possono sempre servire».

E a chi mugugna perché si è tolto il presepe per far posto a una mensa per dei "poveri cristi", il vescovo, seduto accanto i senzatetto, che ascolta le loro situazioni, ricorda: «La mensa non sostituisce il presepe, ma è un presepe vivente. È questo il vero presepe».

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