Un passo avanti per l’Italia

Due delle ministre del governo Letta sono di origini straniere: così il  governo rispecchia maggiormente la società in cui viviamo e la diversità viene considerata non più un elemento da temere, ma un vantaggio di cui tener conto
Iosefa Idem e Cécile Kyenge Kashetu

«È un passo avanti per l’Italia», ha commentato Cécile Kyenge Kashetu, congolese di nascita e cittadina italiana, neoministro nel governo Letta. Il sofferto gabinetto che nasce dopo mesi di impasse e di stallo ha molte novità, ma forse la più notevole, ed anche la più imprevista, è costituita proprio da questo medico oculista nata a Kambove nella Repubblica democratica del Congo, che dal 1983 risiede in Italia, dove si è sposata con un italiano ed ha avuto due figlie.

Cécile non è solo il primo ministro di origine africana a far parte di un governo del nostro Paese: con le elezioni del febbraio scorso era diventata la prima donna italiana di colore a sedere sugli scranni del nostro Parlamento. Accanto alla sua carriera medico-oculistica, infatti, dal 2004 è impegnata attivamente in politica a Modena ed ha diretto la sede provinciale del Forum della cooperazione internazionale ed immigrazione. Oltre a varie collaborazioni professionali con l’università di Lubambashi nel campo della medicina e dell’oculistica, si è fatta portavoce nel nostro Paese dei diritti dei migranti e dei diritti umani.

Più che giustificata, quindi, la scelta di Enrico Letta. Ma a prescindere dalla persona, mi pare si debba riflettere sul significato di avere nel nostro governo una persona, non solo nata in un altro continente, ma proveniente da una etnia e da uns cultura completamente diversa da quella della nostra Penisola. Ha ragione il neoministro ad affermare che si tratta di un passo avanti per l’Italia. A fronte di reazioni sempre vive contro l’immigrazione, contro politiche che avrebbero voluto scoraggiare i flussi migratori, i processi storici sono difficilmente arrestabili. Soprattutto, non li si può leggere ed interpretare con la miopia della chiusura e del rifiuto dell’altro, dello straniero. L’Italia fatica a livello istituzionale a realizzare soluzioni sostenibili per una vera integrazione. Ha, tuttavia, delle grandi risorse umane, fatte da associazioni, comunità locali di diverso tipo, soprattutto da persone che nei rapporti quotidiani della vita delle nostre città e paesi fanno da ponte a chi arriva da un altro contesto sociale, culturale e religioso, contribuendo alla loro integrazione.

Nell’attuale squadra di Letta ci sono due ministre nate fuori dalla nostra Penisola, entrambe donne. La campionessa sportiva Josepha Idem, tedesca, affianca infatti Cécile Kyenge Kashetu. Entrambe, tuttavia, dimostrano che nell’Italia del secondo decennio del XXI secolo non conta tanto la nascita, ma la scelta di vita. Che sia sportiva o professionale, che sia stata motivata da criticità o da motivi familiari il radicamento sul territorio è possibile ed essere italiani oggi non significa esserlo come lo erano coloro che ci hanno preceduti anche solo di una o due generazioni. In definitiva, ci troviamo in un’Italia più ricca non solo perché spesso coloro che arrivano da altri Paesi svolgono attività, spesso sotto-retribuite, che gli italiani non sono più disposti a fare, ma perché la diversità è comunque ricchezza. Un’Italia con giovani ministri, con più donne nel governo e, soprattutto, un’Italia che anche a livello di dirigenza politica mostra il caleidoscopio che vediamo ogni giorno nelle nostre strade, sugli autobus, nei mercati: è un Paese che mostra di essere capace di seguire la corrente della storia.

Comunque andrà l’esperienza di Cécile Kyenge Kashetu e anche di Josepha Idem, neoministre della Repubblica italiana, si è fatto un passo avanti importante.

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