Un genuino impegno per la pace

L'American Jewish Committee apprezza la presa di posizione di Obama, come ci riferisce Lisa Palmieri, rappresentante per l'Italia e la Santa Sede del comitato
Lisa Palmieri

Se sia da parte israeliana che palestinese non sono mancate le perplessità e i cambiamenti di posizione sulle affermazioni di Obama, gli ebrei americani hanno accolto con favore i suoi interventi: l’American Jewish Committee (Ajc) ha rilasciato un comunicato stampa in cui dichiara di «apprezzare l’appello del presidente all’Anp perché torni a negoziare con Israele […] e ponga fine alle spinte insensate a costituire uno Stato senza un accordo condiviso», e riafferma il sostegno alla linea “due popoli, due Stati”. «Consideriamo Obama un presidente profondamente impegnato per la pace – afferma a Città Nuova Lisa Palmieri, rappresentante dell’Ajc presso l’Italia e la Santa Sede – e amico sia di Israele che del popolo palestinese». Certo i problemi rimangono, soprattutto in merito allo scambio dei territori e alla proposta di ritorno ai confini del 1967 su cui tanto si è discusso negli ultimi giorni: «Ma Obama stesso – osserva la Palmieri – ha riconosciuto che questo sarebbe solo un criterio guida lasciando lo spazio per aggiustamenti che garantirebbero la sicurezza», come ribadito nel suo discorso davanti alla lobby conservatrice American Public Affaire Committe (Aipac). Insomma, l’aver ricevuto critiche da entrambe le parti proverebbe che «è un uomo giusto ed equilibrato».

 

Tra le questioni più scottanti c’è quella del voto Onu sullo Stato palestinese a settembre, rispetto al quale Obama ha anticipato che gli Usa porranno il veto. Nel comunicato l’Ajc sposa la linea del presidente secondo cui «azioni mirate ad isolare Israele alle Nazioni Unite non porteranno ad uno Stato indipendente. «Obama è stato chiaro – aggiunge la Palmieri – nel riconoscere ai Palestinesi il diritto ad uno Stato, ma anche nell’affermare che l’attuale posizione di Hamas non può portare alla pace».

 

Certo l’apertura del presidente americano sia sul fronte palestinese che su quello degli aiuti economici al mondo arabo, arrivata in un momento in cui la sua popolarità è in calo in queste zone, è apparsa ad alcuni quasi sospetta; secondo la Palmieri, tuttavia, «non si sta parlando abbastanza della sua intuizione che è aiutando i giovani oggi che si impedisce il radicalismo domani. Mi è molto dispiaciuto leggere diversi blog e commenti che non riconoscono la sua grande apertura in questo senso, vedendovi soltanto un modo per fare gli interessi economici dell’America. Per carità, ci sono sempre stati e ci sono dovunque: ma Obama ha capito che a questi giovani non basta vivere in una società democratica, ma anche con un soddisfacente tenore di vita». Prova della genuinità del suo impegno, oltre alla sua storia personale, sarebbe il fatto che «anche gli Stati Uniti hanno i loro problemi economici, ma non vogliono per questo isolarsi dal mondo».

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