Un continente all’opera

I giovani africani sono consapevoli che soltanto pochi potranno partecipare al Genfest: ma tutti stanno lavorando insieme perché questa possibilità si concretizzi
Giovani africani

Con tutte le sfide che l'Africa si trova ad affrontare, si potrebbe pensare che partecipare al Genfest non sia proprio una priorità; eppure, «a differenza di altre volte – riferisce la nostra corrispondente dal Kenya, Liliane Mugombozi – è un evento molto sentito, ben al di là del semplice entusiasmo: specialmente dopo il congresso panafricano dello scorso dicembre, i giovani si sentono parte di un quadro globale al quale intendono dare il proprio contributo». Insomma, «non basta loro “parlare” del Genfest, vogliono lavorare concretamente: alcuni universitari hanno addirittura deciso di dedicare del tempo al lavoro nei campi invece che allo studio, per raccogliere fondi».
 
La prima consapevolezza, infatti, è che non è realistico puntare a partecipare tutti: i prezzi della trasferta a Budapest sono proibitivi, e se ciascuno pensasse solo per sé alla fine non riuscirebbe ad andare nessuno. Per questo, «con grande maturità, i giovani si sono accordati tra di loro su quanti e chi andrà in Ungheria – prosegue la Mugombozi –: ma anche chi rimarrà in Africa è impegnato ad aiutare». Tanzania ed Uganda, ad esempio, non invieranno alcun rappresentante, ma sono in piena attività per permettere alla band dei coetanei del Burundi di partecipare; mentre nella Repubblica democratica del Congo l'intera comunità è in moto per mandare almeno due giovani, mentre gli altri avranno il loro “Mini Genfest” a Kinshasa il 1 settembre.
 
Il Genfest è stato ufficialmente lanciato il 29 aprile alla Mariapoli Piero (Kenya), con una giornata a cui hanno partecipato circa 60 giovani; la Costa d'Avorio ha però anticipato l'apertura delle danze, con il “pranzo internazionale per l'unità” dell'11 marzo. I piatti tipici di diverse zone dell'Africa hanno fatto gola ad oltre 250 persone, di diversa etnia ed estrazione sociale; tra questi anche i migliori studenti di alcune scuole, premiati dai loro presidi con un ticket per partecipare. Il ricavato  – 305 euro, l'equivalente di uno stipendio mensile medio – è andato oltre ogni aspettativa, anche grazie alla generosità di tanti: il villaggio di Man ha donato 10 chilogrammi di riso, e altri hanno contribuito con piccole donazioni o pietanze già pronte.
 
A maggio i giovani di Bujumbura (Burundi) hanno colto l'occasione della Settimana mondo unito per prepararsi al Genfest intensificando l'impegno a favore degli sfollati del campo di Maramvya, iniziato lo scorso anno. Una cinquantina di loro non solo ha portato i frutti di una comunione dei beni – succhi di frutta, cibo, vestiti –, ma ha anche fatto una lunga lista dei problemi sollevati dai profughi per potervi meglio rispondere: dalla scarsità di cibo, all'impossibilità per molti di studiare a causa delle elevate tasse scolastiche, il lavoro da fare è notevole. Per questo si sono messi subito all'opera, dando intanto la disponibilità ad aiutare nello studio i ragazzi in difficoltà, e continuando a cercare una soluzione alle altre questioni: l'interessantissimo resoconto di questa esperienza è disponibile sul blog del Genfest.
 
Intanto il percorso verso il Genfest è proseguito anche alla Mariapoli Piero, da dove era ufficialmente partito: il 27 maggio oltre 150 giovani hanno partecipato alla “Gara di talenti” dal tema – appunto – “costruire ponti”: canzoni, danze, idee ed esperienze si sono  alternate sul palco per far vedere che quest'opera di costruzione è già iniziata, tanto da far dire a uno dei partecipanti che continuando così «potremo davvero costruire l'unità in Kenya, libero dalle divisioni politiche. Sto già sperimentando il Genfest». Il prossimo appuntamento è il 30 giugno, per un concerto con artisti gospel locali; seguirà a luglio un pranzo interculturale, sulle orme di quello ivoriano.

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