Un arrivederci ad Ettore Scola

Grande regista italiano che ha documentato con impegno e ironia la storia del Paese. Autore capace di esprimere una poesia sociale in grado di elevarsi dal provincialismo per diventare racconto universale
Scola Ansa

Un altro “pezzo forte” del nostro cinema se n’è andato. Ettore Scola, 84 anni, barba e capelli candidi, ci ha lasciato.

 Sfuggente, ironico, lontano dai divismi e fedele alla passione politica che  lo ha portato a militare nelle file del Pci, ha filmato trenta lavori. Alcuni sono tra i capolavori del cinema italiano e ripercorrono altrettante tappe della storia del Belpaese, da lui sempre osservato con lo sguardo preciso, talora tagliente, ma pur bonario,  di un’ ironia fine.

Citiamo fra i tanti: C’eravamo tanto amati, Una giornata particolare, Brutti sporchi e cattivi, Riusciranno i nostri eroi…, La più bella serata della mia vita, Il mondo nuovo, La terrazza, Concorrenza sleale, e l’ultimo Com’è strano chiamarsi Federico.

Dagli anni Sessanta ad oggi Scola filma la vita del nostro paese, accompagnato da attori straordinari – Mastroianni, Gassman, Manfredi, Tognazzi – in un periodo che non è retorico chiamare “magico” per il cinema nostrano, ove  si  sorride, ci si arrabbia, si piange, ci si commuove.

E’ il mondo del sentimento, di una sensibilità umana alla storia che Scola ci regala in lavori dove la sua “poesia sociale” si fa eco di un tempo e di una vita che, osservate dall’alto di un occhio pungente, diventano teatro dell’umanità di sempre, sollevando il nostro cinema dal provincialismo – in cui oggi la commedia è purtroppo caduta – al racconto universale.

Per questo, non possiamo che essergliene grati. Con la speranza che la sua lezione d’arte non vada perduta.

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